Grand commis in lotta. Ecco i veri ministri

di Stefano Sansonetti

Un gioco di incastri dall’esito per certi versi imprevedibile. Ma soprattutto uno scontro tra i veri poteri che muovono le macchine ministeriali. Tra le partite più delicate da giocare dopo la nascita del governo di Enrico Letta c’è quella dei capi di gabinetto. Un nutrito drappello di magistrati Tar, consiglieri di stato e consiglieri della Corte dei conti che sempre più spesso si spartiscono la torta delle poltrone e che in queste ore stanno affilando le armi. La posta in gioco è presto detta: la conduzione dei vari dicasteri, spesso con poteri e possibilità di interdizione maggiori rispetto agli stessi ministri.

L’inamovibile di via XX Settembre
L’operazione più rilevante, non c’è dubbio, riguarda il ministero dell’economia. Qui da tempo immemorabile c’è Vincenzo Fortunato, che ha sempre seguito le orme dell’ex ministro dell’economia, Giulio Tremonti, eccezion fatta per una breve parentesi nello stesso ruolo al ministero delle infrastrutture negli anni in cui in sella c’era Antonio Di Pietro (2006-2008). Ebbene, chi sarà il capo di gabinetto adesso che a via XX Settembre è approdato il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni? La premessa è che l’economista di via Nazionale non conosce l’enorme macchina di un ministero che riunisce in sé le competenze del Tesoro, del Bilancio, delle Finanze e delle Partecipazioni statali. L’osservazione, che si sente spesso ripetere in questi giorni infuocati, è che per far funzionare il Mef bisogna avere un capo di gabinetto con una profonda conoscenza della situazione. E soprattutto in grado di dialogare con le varie anime del ministero, in primis con i guardiani dei conti della Ragioneria generale dello stato. E non ci sarebbe nessuno a possedere questa caratteristica al di fuori di Fortunato. Il quale, peraltro, oltre ad aver lavorato con Tremonti è stato confermato anche da Mario Monti, nel periodo in cui l’ex premier ha retto il ministero dell’economia. Tra chi potrebbe soffiargli una riconferma c’è Paolo De Joanna, che al Tesoro è stato capo di gabinetto con l’allora ministro Tommaso Padoa-Schioppa, altro ex Bankitalia come Saccomanni. Un’estrazione che sulla carta potrebbe dargli buone chance. C’è un però. I bene informati raccontano come all’epoca non corresse buon sangue tra Saccomanni e Padoa-Schioppa. In più si fa notare come De Joanna sia caratterizzato per una netta “affinità” con il Pd. Insomma, si ritornerebbe a Fortunato come soluzione più veloce per il capo di gabinetto del ministero dell’economia. Addirittura in molti osservano che più che da Saccomanni, la questione dipenda proprio dal diretto interessato. Come dire: se Fortunato decidesse di rimanere la strada sarebbe spianata; se decidesse di andarsene si dovrebbe attingere altrove. Nel primo caso il ministero si ritroverebbe in casa uno che domina incontrastato i corridoi di via XX Settembre da 10 anni, con cariche a non finire (anche se nel corso degli anni un po’ diminuite) e stipendi a dir poco vertiginosi. Ancora rimangono scolpiti nella memoria quei 788 mila euro dichiarati nel 2006 da Fortunato, come svelarono i file pubblicati on line nel 2008 dall’Agenzia delle entrate.

Il recordman del ministero del lavoro
Quando si parla di stanze segrete non si può certo trascurare la figura di Francesco Tomasone. Nell’ultimo anno e mezzo è stato il capo di gabinetto del ministro del lavoro, Elsa Fornero. Ma nello stesso dicastero era già stato capo dell’ufficio legislativo quando era ministro Tiziano Treu e sempre capo di gabinetto quando il numero uno era Cesare Damiano. Anche lui, quindi, sembra essersi costituito un fortino che sulla carta appare inespugnabile. Cosa farà, a questo punto, il nuovo ministro Enrico Giovannini, il “saggio” di Napolitano catapultato nella compagine governativa a gestire patate bollenti come la disoccupazione al 12% e la vicenda degli esodati? Alcuni tendono a ritenere che non rinuncerà all’apporto di Tomasone. Il quale, tra l’altro, figura tra i docenti della Ssef (la Scuola superiore dell’economia e delle finanze), il cui sito internet accredita proprio Tomasone di un emolumento di 293 mila euro. La stessa cifra che, curiosamente, è riportata accanto al nome di Fortunato, altro docente della scuola che dipende dal ministero dell’economia.

Gli ambiziosi
Ci sono poi i grand commis che stanno smaniando per avere di più. Uno di questi è senza dubbio Luigi Fiorentino, attuale capo di gabinetto del ministero dell’istruzione e dell’università. Vicinissimo al momentaneamente defilato Antonio Catricalà, con il quale ha lavorato all’Antitrust, Fiorentino vanta anche un passato di vicecapo di gabinetto al Tesoro ai tempi di Carlo Azeglio Ciampi e Giuliano Amato. Altro potere che da anni è saldamente nelle stesse mani è quello di Giuseppe Procaccini, dal 2008 capo di gabinetto del dicastero dell’interno, con gli ex ministri Roberto Maroni e Anna Maria Cancellieri. Un passato al Tesoro e già vicecapo della polizia, nei giorni scorsi il nome di Procaccini era stato fatto come possibile successore di Antonio Manganelli al vertice della stessa Polizia. Una nomina, quest’ultima, che dovrà essere fatta a breve dal nuovo governo. Infine altro profilo dato in movimento è quello di Mario Torsello, finora capo di gabinetto allo Sviluppo Economico con Corrado Passera. Anche Torsello è un recordman ministeriale: è stato capo dell’ufficio legislativo ai beni culturali con Giuliano Urbani, capo di gabinetto ai rapporti con il parlamento nell’era del Pd Vannino Chiti, e ancora capo del legislativo ai beni culturali con Sandro Bondi.

@SSansonetti