Guerra tra clan sul litorale romano. Il vuoto lasciato dagli Spada ha scatenato una lotta per il controllo di Ostia

Col vuoto di potere lasciato dalle condanne che hanno decapitato il clan Spada, era facile immaginarsi che si sarebbe scatenata una lotta per il controllo di Ostia. La conferma è arrivata ieri con i tre arresti del gruppo di fuoco che, il 20 aprile scorso, ha gambizzato Paolo Ascani, cognato di Roberto Spada (nella foto), in via Antonio Forni. A finire in manette sono stati gli autori materiali ossia Adriano D’Arma, Roberto Cirillo e Girolamo Finizio. Quest’ultimo, fratello della moglie di Angelo Senese ossia del reggente dell’omonimo clan camorristico che, in questa vicenda oltre al ruolo di esecutore, riveste anche quello di mandante. A tutti gli indagati i pm contestano le aggravanti del metodo mafioso e della premeditazione.

L’AGGUATO MAFIOSO. Insomma un regolamento di conti tra cognati di importanti boss che dimostra come la Pax criminale che, per anni, ha regnato sul litorale è ormai andata in frantumi con la Camorra decisa a occupare il posto che fu degli Spada. Così pochi giorni prima dell’agguato, come scrive il gip, Ascani e Finizio avevano avuto una lite per “questioni di viabilità”. Durante il battibecco “il secondo aveva riconosciuto il primo quale cognato di Roberto Spada” e così “si era allontanato palesandogli la propria caratura criminale” gridando “ma sai chi c… sono io?”.

Come se non bastasse, davanti agli sguardi attoniti dei molti presenti, Finizio se ne va con l’inquietante promessa: “Però io e te se rivedemo”. Parole tutt’altro che gettate al vento perché il 20 aprile, nel fortino degli Spada, il gruppo di fuoco legato alla Camorra decide di entrare in azione e di ragiungere casa di Ascani. Appena l’uomo arriva, Finizio e D’Arma scendono dalla vettura, con il secondo che urla “mo’ te ‘mpari a fa le prepotenze”, e inizia la sparatoria. La pistola di D’Arma, però, s’inceppa dopo due colpi andati a segno di cui uno ferisce la vittima dell’agguato alla gamba dandogli il tempo di fuggire.

STRANA STORIA. Sul caso, inevitabilmente, indaga la Procura che intercetta alcune conversazioni di Ascani. Quest’ultimo, il giorno dopo l’agguato, si sfoga con un amico: “Pe ‘na freccia! Se io t’ho solato du piotte, o t’ho solato mezz’etto de roba e non te la voglio paga’, io vengo te sparo e ce pò pure sta, giusto? Ma pe ‘na freccia!”. E ancora: “Er ciccione (D’Arma, ndr) ha tirato proprio a ammazzarme, nun me lo scorderò mai (…) te sei allargato, m’ha tirato dritto per… glie s’e’ inceppata! Io so’ salvo per miracolo! Perciò io già, fa conto che io da ieri già ero morto”. Nella sua conversazione, Ascani lascia intendere che fra lo sgarbo sul litorale e la sparatoria c’era stata anche una tentata mediazione, da opera di tale Sandro che, però, si è conclusa in un nulla di fatto.

Una ricostruzione, quella di una lite nata per semplici motivi di viabilità, che, però, non convince i magistrati secondo cui tutto è da ricondurre alla guerra per il controllo del territorio. Dopo gli arresti di Michele Senese e Massimo Carminati, come emerso in un’altra indagine i boss Salvatore Casamonica e Carmine Spada stringono una pax mafiosa con il clan Senese, di cui si era fatto garante Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. Ma inchieste, arresti e morti hanno scompaginato le carte in tavola e ora, secondo i magistrati di Roma, è in corso “un’escalation di violenza” tanto che “l’esecuzione avviene in modo teatrale in pieno giorno, a volto scoperto e nelle prossimità di un esercizio commerciale con numerosi avventori” in un gesto che “ha in sé una portata simbolica di forza e primazia territoriale”.