Häller, un dribbling da spot

di Mimmo Mastrangelo

Ai tempi dei siparietti del Carosello, quando la pubblicità si chiamava ancora reclame, il tedesco Helmut Haller fu sicuramente uno dei primi calciatori a promuovere il marchio di un’azienda. Un antesignano rispetto agli attuali e corteggiatissimi Buffon, Del Piero, Totti. Haller prestò il suo volto per la Ovomaltina, la polvere in cioccolata che si metteva nel latte a colazione. Nella serie dei cortometraggi del Carosello, girati agli inizi degli anni settanta, lo si vedeva su un campetto mentre insegnava a dei ragazzi i fondamentali per calciare la palla e battere i rigori. E poi: a chiusura dello spot veniva fuori con uno strampalato (ma la sua voce era doppiata) “Offo-maltina-ta-forza”, il quale divenne anche una specie di tormentone tra il nutrito pubblico di quel programma tra i più amati nella storia della Rai.

Haller arrivò in Italia dalla Germania che aveva 23 anni nel 1962, lo portò al Bologna il famoso presidente Dall’Ara. Sotto la torre degli Asinelli e la guida dell’allenatore Fulvio Bernardini, il tedesco dal volto paonazzo e una leggera pancetta che non gli creò mai nessun disturbo estetico (o problemi di affaticamento), venne a costituire una pedina di forza di quel “Bologna-che tremare il mondo fa” uscito campione d’Italia nella stagione 1963-64, dopo aver battuto per 2-0, in uno spareggio all’Olimpico, la “grande Inter” del mago Herrera. Giocava di fino Haller e tra i giornalisti ci fu chi mise nero su bianco che aveva due mani al posto dei piedi perché poteva buttare la palla dove voleva. Da regista trotterellava in mezzo campo e i suoi dribbling sguscianti lo portavano con frequenza al gol. Famosa è rimasta la rete (si può veder anche su Youtube) che segnò con un micidiale guizzo nei primi minuti della finale del mondiale del 1966 tra Inghilterra-Germania, vinta poi dagli inglesi nei tempi supplementari per 4-2. In quel mondiale Haller firmò altre cinque reti e non fu il miglior realizzatore (e calciatore) del torneo solo perché avanti a lui arrivò con nove gol il fuoriclasse portoghese Eusebio (che sarà poi, prima di Haller, anche volto immagine della Ovomaltina).

Al Bologna dei Bulgarelli, dei Pascutti, dei Nielsen e dove secondo Fulvio Bernardini “il calcio si giocava da paradiso”, il “panzer” rimase per sei stagioni, poi Gianni Agnelli lo volle Torino e con la Juventus allenata dallo zio e maestro di Zeman, Cestmir Vycpalek, vinse altri due scudetti (1971-72, 1972-73). Non nascose la delusione che provò quando dovette accomodarsi in panchina nella finale di Coppa dei Campioni del 1973, giocata a Belgrado tra Juventus-Ajax e fatta propria dai lancieri olandesi per 1-0.
Altro grande dispiacere fu per il giocatore tedesco non essere in campo nel scontro del secolo, nella partita delle partite, quell’Italia-Germania 4-3, semifinale al cardiopalma nel Mondiale in Messico del 1970. Ma a parte questi due nei, la carriera di Haller rimase folgorante e intensa di soddisfazioni, tant’è che il tedesco incasellò la partecipazione (quasi da record) a tre mondiali, oltre a quelli di Inghilterra e Messico, va aggiunto anche il campionato giocato in Cile nel 1962, in cui la Germania fu malamente eliminata nei quarti di finale dalla Jugoslavia. Dopo gli anni della Juve in cui lasciò la traccia di centosedici presenze e ventuno gol, Haller fece ritorno nella sua Augsburg (Augusta) dove giocò fino a quarant’anni. È scomparso lo scorso nell’ottobre a settantatrè anni a causa di un cuore troppo affaticato.

Italo Cucci nel ricordare l’amico Helmut conosciuto ai tempi del Bologna ha scritto: “Era un bambino, un bambino speciale, non gli piacevano le caramelle, ma le donne. Che peraltro ammirava e conquistava senza far caso al censo. Certe dame della Bologna-bene l’avrebbero concupito, ma lui amava concedersi all’avventura, sempre e ovunque”.
Due anni dopo lo scudetto del Bologna Cucci scrisse un libro dedicato al Panzer e lo titolò simpaticamente “ Haller com’è: un napoletano a Bologna”.
Nella prefazione il grande fuoriclasse spagnolo Alfredo Di Stefano appellava Haller in “un virtuoso della palla, un collega dotato di classe e fantasia, forse il più bello dei tedeschi”.