I Cinque Stelle alle prese col rebus del doppio mandato. La regola è già stata derogata per le sindache Raggi e Appendino. Ora si pone il tema dei parlamentari

Un fantasma si aggira nel Movimento. Ed è quello della regola del doppio mandato che – se applicata alla lettera – provocherebbe una quasi totale decimazione di big pentastellati. Nel codice etico grillino si legge infatti che non si possono fare più di due mandati, tranne il cosiddetto “mandato zero” per i consiglieri comunali e di municipio introdotto da Di Maio nel luglio 2019 e approvato su Rousseau. Tuttavia, questa norma, è un po’ come la Costituzione per i pentastellati e rivederla per i ruoli apicali, come consiglieri regionali, sindaci e parlamentari potrebbe provocare scene di panico nei sostenitori duri e puri. Vito Crimi, attuale reggente in attesa che il virus permetta lo svolgimento degli stati generali già annunciati, dice che per i sindaci della cosa si può anche discutere.

Questa apertura è di buon senso perché esperienze di primi cittadini come la Raggi a Roma o l’Appendino a Torino sono un patrimonio acquisito dal Movimento e disperderlo sarebbe una azione poco intelligente, vista la difficoltà che si è ha a costruire una classe dirigente politica. Del resto l’incontro di qualche giorno fa tra la Raggi e Di Maio alla Farnesina va proprio in questa direzione, ammorbidire la regola per adattarla alla contingenza. Il rischio per i Cinque Stelle è naturalmente quello di diventare “come gli altri”. Tuttavia ci sono resistenze soprattutto nella classe dirigente più vicina a Davide Casaleggio (nella foto) visto che Gianroberto diceva: “Ogni volta che deroghi ad una regola praticamente la cancelli”.

E qui si apre un ragionamento anche politico e non solo etico. Infatti, qualora restasse la regola del doppio mandato per le cariche apicali nelle istituzioni l’unico grillino che se ne avvantaggerebbe è Alessandro Di Battista che avendo saltato l’attuale legislatura non avrebbe problemi al contrario di tutti gli altri a cominciare da Luigi Di Maio che di mandati ne ha fatti già due. E dietro a Casaleggio si riunisce la componente più critica dell’attuale assetto governativo con l’alleanza con l’“odiato” Pd che Grillo definiva con perfido gioco di parole “Pd-L” a significarne la somiglianza con il partito di Berlusconi. Grillo tuttavia è stato sempre un difensore della regola del doppio mandato ma, nel contempo, è anche stato l’ideatore dell’alleanza con il Partito democratico. Come si vede una partita complicata, ma strategica per il futuro del Movimento.