I clan continuano a perdere i beni. Ma lo Stato non sfrutta le loro ricchezze. L’Agenzia del Viminale che li gestisce procede a rilento

Nel 2017 il valore dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata è stato pari a 5,4 miliardi

Nel 2017 il valore dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata è stato pari a 5,4 miliardi di cui 4 miliardi sono stati sottratti a Cosa Nostra, Ndrangheta, Camorra e malavita pugliese. Ogni anno le Forze dell’Ordine sequestrano alle Mafie un’enorme mole di beni immobili e aziende che poi sono affidati alla gestione dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata guidata da Bruno Frattasi (Anbsc). Quest’ultima dovrebbe poi provvedere alla riassegnazione di tali beni in favore dello Stato, degli Enti Locali o di iniziative a favore della collettività ma le procedure sono così farraginose che molti beni periscono prima di trovare una nuova destinazione.

Basti pensare che solo nel 2016 a fronte di beni sequestrati e confiscati per 7,687 miliardi, sono stati riassegnati dall’Ansbc solo 1098 immobili e 99 aziende. La mafia più colpita dalle misure di prevenzione nel triennio 2015 – 2017 è stata Cosa Nostra, a cui sono stati inflitti sequestri e confische per complessivi 5,946 miliardi. Il trend delle azioni repressive messe in campo contro la mafia siciliana negli ultimi anni ha fatto registrare una notevole flessione, se si considera che nel 2015 a Cosa Nostra sono state inflitte misure patrimoniali per 3,106 miliardi, scese a 2,19 miliardi l’anno successivo e ulteriormente ridottesi a 650 milioni nel 2017.

Ma secondo quanto riportato nella relazione sull’attività delle Forze di Polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia Penitenziaria) per l’anno 2017 appena trasmessa al Parlamento, tale trend è dovuto al fatto che Cosa Nostra è stata “fortemente indebolita dalla ininterrotta azione di contrasto svolta dalla Magistratura e dalle Forze di Polizia” anche se “si mostra ancora vitale e radicata sul territorio, evidenziando un’alta potenzialità offensiva”. Nello stesso periodo sono stati messi a segno contro la Ndrangheta sequestri e confische per complessivi 5,467 miliardi, di cui 1,576 miliardi nel 2015, aumentati a 2,457 miliardi l’anno successivo, per poi ridursi a quota 1,434 miliardi nel 2017.

Un andamento, quest’ultimo, che paragonato a quello delle misure patrimoniali disposte contro Cosa Nostra evidenzia come alla riduzione dei sequestri a carico della mafia siciliana corrisponda un quasi analogo incremento delle misure in danno della Ndrangheta. Come se la criminalità calabrese stesse rimpiazzando quella al di là dello stretto di Messina. Infatti, spiegano le Forze di Polizia: “La criminalità organizzata calabrese ha, mantenuto la propria posizione preminente nel traffico internazionale di stupefacenti, svolgendo attività di brokeraggio anche nei riguardi delle altre formazioni mafiose operanti nel nostro Paese”.

La forza della Ndrangheta, secondo gli investigatori va ricercata nell’”esistenza della “Santa”, prima struttura direttiva “segreta” di marcato profilo massonico, espressione di un potente blocco affaristico occulto in cui convergono interessi imprenditoriali, politici e criminali”. Nello stesso periodo la Camorra è stata colpita da misure di prevenzione patrimoniale per complessivi 3,396 miliardi di cui 1,017 miliardi nel 2015, 534 milioni nel 2016 e 1,845 miliardi nel 2017.

“La criminalità campana – scrivono gli investigatori – continua ad identificarsi con la camorra napoletana in uno scenario in perenne evoluzione, ove sono presenti gruppi emergenti e clan più strutturati che mostrano elevata capacità di inquinare le dinamiche imprenditoriali e di svolgere un’imponente attività di riciclaggio”. Delle mafie tradizionali, quella pugliese è la meno sviluppata e ciò è testimoniato anche dai volumi di confische e sequestri inflittigli per 455 milioni.