I furbetti dell’Agricoltura. Così coltivavano gli appalti. Nel Ministero un sistema corruttivo senza limiti. Mazzette ai funzionari per aggiudicarsi contributi – AGGIORNAMENTO: NOVE DEGLI ARRESTATI SONO STATI SUCCESSIVAMENTE ASSOLTI PERCHE’ IL FATTO NON SUSSISTE

Denaro, viaggi, trattamenti nei centri benessere, contratti di lavoro e persino un servizio di piatti. Non conosceva limiti, neppure alla fantasia, secondo la Procura di Roma, il sistema corruttivo creato attorno al Ministero dell’Agricoltura. Funzionari pronti a passare sopra a qualsiasi regola e a far ottenere ricchi contributi agli imprenditori, compresi quelli che sono al timone di enti pubblici, in cambio di bustarelle dalle molteplici forme. Approfondite le indagini, il pm Stefano Fava punta così a un secondo processo e con tale obiettivo ha chiesto 27 rinvii a giudizio.

LA VICENDA
Il caso venne alla luce nel dicembre 2012, quando vennero arrestati 11 dirigenti e funzionari del Ministero dell’Agricoltura. Un blitz compiuto dalle Fiamme Gialle, denominato “Centurione”, dal nomignolo del principale indagato, e che si concentrò su contributi per 32 milioni di euro che diversi imprenditori avrebbero ottenuto pagando mazzette. Quaranta appalti sporchi quelli monitorati, assegnati a 20 aziende, tra marzo 2007 e maggio 2011. Illeciti a catena iniziati quando alla guida del Ministero c’era Paolo De Castro e andati avanti con i ministri Luca Zaia, Giancarlo Galan e Francesco Saverio Romano, dal II Governo Prodi al IV Governo Berlusconi. Un’inchiesta concentrata su Giuseppe Ambrosio il “Centurione”, direttore generale del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura ed ex capo di gabinetto dei ministri Zaia e Galan, e sulla moglie del mandarino del Mipaf, Stefania Ricciardi, dirigente nello stesso dicastero. Ambrosio e altri 36 vennero mandati a giudizio e sul “sistema” avviò accertamenti anche la Corte dei Conti. Altri approfondimenti hanno ora portato il pm Fava a chiedere un secondo processo per corruzione a carico di 27 indagati, nello specifico otto dipendenti del Ministero e imprenditori pronti a pagare per avere contributi pubblici.

CONTRIBUTI COMPRATI
A indossare la veste dei corruttori, per gli inquirenti, sarebbero stati anche manager pubblici. Come Salvatore Petroli, direttore generale dell’Inran, l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutruzione, che avrebbe cercato l’approvazione dei propri progetti assicurando al dipendente ministeriale Michele Mariani che avrebbe dato denaro al figlio: “Gli posso dire…vedi tu…fagli fare un contratto prestazione…là una cosa..occasionale…’na strunzata”. Mazzette sarebbero state pagate da Claudio Versienti, direttore di Agecontrol, agenzia pubblica. E a ricevere bustarelle sarebbe stata anche la direttrice amministrativa dell’Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, Carmelina Giandomenico. Forzature su ogni genere di appalto. Compresi quello da 182mila euro per il Touring Club e da 21,9 milioni a favore di una onlus, la Irepa. Esplicite del resto le conversazioni tra gli imputati. Per ottenere 100 mila euro di contributi, il responsabile dell’associazione “Coopagrival”, Gerardo Beneyton, è stato intercettato mentre gli diceva il dipendente ministeriale Michele Mariani: “Vabbè dai, concentrati, trova un po’ di materiale e ce scrivi un po’ di stronzate, dai”. Bastava poco per fare l’affare.

AGGIORNAMENTO

Il 14 aprile 2016 il tribunale di Roma, composto dai magistrati Bruno Costantini, Maria Grazia Giammarinaro e Roberta Di Gioia, hanno assolto con formula piena, perché il fatto non sussiste, i signori: Giuseppe Ambrosio, Stefania Ricciardi, Afredo Bernardini, Michele Mariani, Claudia Maria Golinelli, Ludovico Gay, Luigi Cardona, Francesco Saverio Abate e Oliviero Sorbini.