Il bomber della classe operaia

di Mimmo Mastrangelo

Roma 10 giugno  1968. Allo Stadio Olimpico   Italia-Jugoslavia  si giocano lo spareggio della finale della Coppa Europa per nazioni. Gli azzurri di Ferruccio Valcareggi  vanno in paradiso, rifilano  agli avversari  un secco 2-0 e diventano per la prima volta campioni del vecchio Continente. Ma il vero capolavoro, in quella notte fresca e  magica, lo confeziona  il nostro centravanti, Pietro Anastasi.  Che indossa la maglia numero due e alla mezzora  del primo tempo si alza la sfera  con uno splendido palleggio e  poi velocissimo da lontano calcia a volo  una bordata su cui il portiere slavo Pantelic non può sventare. È la seconda rete della partita, la prima l’aveva realizzata una quindicina di minuti prima Gigi Riva. Pietro Anastasi, detto “Pietruzzu”  di gol da cinetica nella sua carriera ne ha realizzati una lunga sfilza, indimenticabili  due  triplette.

La prima la realizza con la maglia del Varese il 4 febbraio del 1968, avversaria  la Juventus che di lì a qualche mese sarebbe diventata di Anastasi la sua squadra per otto stagioni e con cui avrebbe vinto tre scudetti. I bianconeri di Zigoni, Menichelli, Salvatore, Del Sol vengono battuti dai padroni di casa  con un umiliante 5-0 ed il giovanissimo Anastasi segna la prima, la quarta e la quinta rete. Quella stagione rimane memorabile per la matricola  Varese che giunge in classifica al settimo posto e si prende la soddisfazione di battere sul terreno amico  anche  Milan (2-1), Inter (1-0), Roma (2-0) e Cagliari (2-1).

L’altro tris da cineteca di Anastasi è del 27 aprile 1975: la Juve supera al vecchio Comunale di Torino per 4-0 la  Lazio che porta cucito sulla maglia lo scudetto.  Anastasi  entra in campo al 70’  al posto di Bettega, quando il risultato è fermo sull’ 1-0. Ma a partire dall’ 83’ in  soli quattro minuti lo sgusciante attaccante mette dentro  tre gol, uno più bello dell’altro. L’impresa di “Pietruzzu” è  quasi storica, tant’è che anche il cronista dello storico rotocalco della domenica “90° minuto”, Beppe Barletti, deve ammettere che non  se ne ricordano precedenti.

Attaccante dalla carnagione scura, non prestante di statura ma  di grande movimento e velocissimo nel chiudere in porta, Anastasi  è amatissimo tra i tifosi bianconeri e i tanti operai meridionali che lavoravano alla Fiat e nelle centinaia di fabbriche del torinese lo vedono nel classico  ragazzo povero  del Sud  che, grazie al proprio talento e qualità, è riuscito a farsi strada da solo nella vita. “Pietruzzu”, chiamato anche il “Pelè bianco”, diventa l’incarnazione operaista del calcio italiano  anni sessanta-settanta. Nato a Catania nel 1948 da una famiglia modesta che vive in sette in un’ abitazione di due stanze, ad Anastasi più che studiare piace tirar calci nelle strade del suo quartiere e, prima di passare al Varese in serie B nel 1966, si svezza in quarta serie nella Massiminiana di Catania.

Il ragazzo è di spirito libero, piace spesso  fare di testa propria  e alla Juve,  che lo  strappa all’Inter per una bella barca di soldi (oltre seicento milioni di vecchie lire) spesso ha  problemi con gli allenatori. Una volta Heriberto Herrera, un personaggio malato di schemi e ossessionato dalla forma fisica dei giocatori,  gli impreca malamente addosso  (“Tonto stia a guardare, perché lei non capisce niente”) solo perché non è riuscito ad interpretare uno schema. Altro scontro “Pietruzzu” l’ha con l’allenatore  Carletto Parola che non lo fa quasi mai giocare, e quando ci litiga di brutto è  costretto ad andare  via da Torino con il cuore a pezzi e il rammarico che nessuno dei suoi compagni  (Furino, Bettega, Morini) si è mostrato solidale con lui. Lascia la Juventus nel 1976 con un  cartellino curricolare  di  205 presenze e quasi una ottantina di gol,  passa all’Inter  dove rimane senza troppo brillare solo due stagioni  ed infine chiude la carriera nell’Ascoli.

Oltre alla cessione dalla Juve (di cui è rimasto tifoso ancor oggi che fa il commentatore delle partite in tv) c’é un’altra grande delusione nella carriera di Anastasi: la mancata partecipazione ai mondiali del Messico del 1970.  Doveva essere la punta titolare  insieme a Gigi Riva, solamente che pochi giorni prima della partenza per Città del Messico, il massaggiatore della nazionale Tresoldi  gli sferra scherzando un colpo al basso ventre,  un infortuno apparentemente banale ma per cui è necessario l’ intervento chirurgico  ai testicoli.

Anastasi ritornerà ancora in nazionale e quattro anni dopo, al Mondiale di Germania, è tra i 22 giocatore della comitiva azzurra, ma su quel torneo è meglio stendere un velo pietoso, sarà per l’Italia   una vera Caporetto…

In tutto il centravanti amato dagli operai ed idolo in assoluto dello scrittore e giornalista Darwin Pastorin  ha collezionato in maglia nazionale 25 presente  e 8 gol.