Il cavallo Rai sotto scacco

di Marco Castoro

Rai panico. Non è il nome di una nuova struttura di Viale Mazzini ma lo stato d’animo in cui si vive nei palazzi della tv di Stato. Se Cottarelli e il governo vogliono 170 milioni da sottrarre alle entrate del canone che il Tesoro gira alla Rai, l’azienda – dicono a Viale Mazzini – chiude. Fallisce. E si va tutti a casa. Significa tagliare 3-4 mila dipendenti e gran parte dell’indotto. Montaggio, attori, server, agenzie, strutture di vario genere. Altre 2-3 mila persone che perderebbero il posto di lavoro. E pensare che proprio ieri, un altro componente dello stesso governo che bussa a denari, il ministro Franceschini, ha chiesto alla Rai di investire di più nel cinema, altrimenti l’industria che dà linfa alla settima arte va a gambe all’aria. Quindi da qualsiasi parte la giri il governo vuole strizzare il Cavallo di Viale Mazzini.

 

Come recuperare i soldi

L’idea di Cottarelli consisterebbe nel rimediare i soldi dalla lotta all’evasione del canone. Rispolverando il progetto Petroni, appoggiato dall’allora dg Masi, finito però inesorabilmente nel cassetto. In pratica il canone verrebbe pagato nella bolletta dell’energia elettrica. Si potrebbero recuperare circa 300 milioni, di cui 150 spetterebbero al Tesoro. Ma per farlo occorre una legge. Non basta il decreto del consiglio dei ministri. Il provvedimento dovrebbe passare per le forche caudine del Parlamento. Ce li vedete i 5 Stelle votare una simile proposta? E Forza Italia? Perfino il Pd si spaccherebbe su una legge così impopolare. Senza pensare alla gente che prenderebbe in mano i forconi…

Palazzo Chigi ha comunque smentito che il governo abbia intenzione di prendere i soldi dal canone per pagare gli ormai famosi 80 euro in busta paga che il premier Renzi ha promesso ai lavoratori.

 

Deficit e stipendi

Ogni anno il gettito che arriva dalla riscossione del canone è pari a 1,7 miliardi di euro. Il Tesoro ne rigira circa l’80% alla Rai. Viale Mazzini nel 2013 ha chiuso con 5 milioni in attivo. Tuttavia il debito regresso è di oltre 440 milioni, ai quali vanno aggiunti i 140 in perdita messi in preventivo per il 2014, anno in cui ci sono le spese dovute ai Mondiali di calcio. Ma alla Rai ci sono pure stipendi esagerati che sono usciti indenni dalle tagliole dovute ai tetti. Il dg Luigi Gubitosi, che però non va dimenticato è un capo azienda, percepisce 660 mila euro lordi l’anno. Il presidente Tarantola 315 mila. Ma i compensi su di giri in azienda sono diversi. Ci sono, a esempio, Marano e Orfeo che non stanno certo lì per beneficenza. Per non parlare dei contratti di conduttori, registi e personaggi dello spettacolo che non possono essere ridimensionati altrimenti se ne andrebbero alla concorrenza.

 

La mossa di Renzi

Il Pd renziano ha una grande voglia di entrare nella partita Rai. Anche perché i democratici non hanno nessun rappresentante di riferimento all’interno del cda, avendo assegnato a suo tempo le due poltrone a disposizione nel cda a due benemeriti della società civile (Colombo e la Tobagi) come  volle Bersani per far vedere che il partito era fuori dai giochi di potere. Se il consigliere Todini (nominata presidente di Poste italiane) si dimetterà dal cda, la Vigilanza entro 30 giorni dovrà scegliere il sostituto. Che sarà un Pd, a meno che non si raggiunga un accordo politico. Nonostante ci sia Nino Rizzo Nervo, vicino a Gentiloni, che potrebbe subentrare alla Todini nel cda, è molto probabile che venga nominato un consigliere più giovane scelto personalmente dal premier.

 

La Todini e la Vigilanza

“Sono certo che Luisa Todini deciderà di presentare le dimissioni, pur non persistendo incompatibilità di legge tra i due incarichi”, è il parere di Salvatore Margiotta, vice presidente della commissione Vigilanza Rai e relatore contratto di servizio Rai-Stato 2016. “A quel punto il Pd – aggiunge Margiotta – già sottorappresentato nel consiglio  di amministrazione, per una scelta a mio avviso impulsiva ed errata, potendo oggi contare sulla maggioranza in Vigilanza, potrà  rivendicare una scelta di chiara matrice democratica. Il partito – nulla è stato discusso, sono mie considerazioni – dovrà guardare a nomi di qualità e di spessore, con curricula eccellenti, magari, perché no, che abbiano maturato esperienze in Rai”.

Ma il centrodestra farà di tutto per convincere la Todini a non dimettersi. Senza di lei perderebbe la maggioranza. La partita è tutt’altro che chiusa.