Il dramma dell’Alzheimer. Roma darà un tetto ai malati. La struttura finanziata interamente da privati. Non più pazienti isolati ma residenti di un borgo

In Italia più di un milione di persone soffre di Alzheimer. Un’emergenza che nei prossimi decenni aumenterà ancora per via del prolungarsi della vita e dell’invecchiamento della popolazione. L’assistenza e i servizi per queste persone però restano insufficienti e in molti casi avere un malato in famiglia diventa un incubo. Un vuoto, quasi a voler testimoniare la rimozione di un problema scomodo. Nulla fa il pubblico e poco facevano i privati. Fino a ieri perlomeno. Con la posa della prima pietra ha preso vita infatti la prima grande struttura di carattere sanitario e assistenziale destinata ad accogliere in case famiglia una collettività di adulti colpiti dalla malattia. Il progetto del centro si ispira al quartiere De Hogeweyk, nato cinque anni fa nella cittadina di Weesp, nei Paesi Bassi. Esperimento unico che le autorità sanitarie mondiali stanno osservando con grande interesse. Caratteristica principale del progetto è dare la possibilità ai malati ospitati di non modificare il proprio stile di vita, consentendo loro di mantenere la percezione di inclusione nella società.

IL VILLAGGIO
Il complesso, che sorgerà nella zona nord-est della Capitale, nel quartiere Porta di Roma, è pensato come un borgo composto da 17 residenze, ciascuna in grado di ospitare da 6 a 8 malati, un ospite e un operatore sanitario, su una superficie di circa 12 mila metri quadrati di terreno, per una capacità totale di circa cento persone. I pazienti, che qui saranno “residenti”, potranno dunque vivere in sicurezza nella propria abitazione, utilizzando se vorranno anche il proprio arredamento. Avranno la possibilità di raggiungere a piedi attraverso strade, piazze e spazi comuni aperti anche ai parenti dei malati dall’esterno le aree destinate allo sport e alla riabilitazione, al culto e ai servizi. L’intero complesso, lontanissimo dal concetto ospedaliero, sarà una sorta di cittadina in miniatura, perfettamente integrata nel contesto urbano circostante. Gli ospiti, seppur individui colpiti da una grave forma di demenza, avranno l’opportunità di condurre una vita quanto più possibile normale. Lo stesso personale sanitario non avrà le sembianze classiche del medico in camice bianco.

I FINANZIATORI
L’assistenza sarà esclusivamente domiciliare così da favorire l’autostima, l’autonomia e l’indipendenza dei pazienti, evitando la frustrazione che spesso affligge i degenti delle case di riposo. “Il paziente non deve restare senza contatti umani, isolato dal mondo che lo circonda”, ha detto Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Roma, che, in sinergia con le istituzioni pubbliche, ha ideato e promosso il progetto, investendo 3,5 milioni per il terreno, 18 per la costruzione e altri 3-4 per l’assistenza a vita degli ospiti del centro. Un bel sostegno in una città preda dell’emergenza abitativa. Che non a caso ha visto il sindaco Ignazio Marino a fianco della Fondazione, riuscita ad avviare il progetto nonostante un’incredibile ostruzione burocratica. Roba da veri malati di Alzheimer.