Il fisco come le banche prova a vendere i crediti che non riesce a incassare. Ma l’operazione è a rischio per i contribuenti

di Stefano Sansonetti

Il paradosso è che a far paura è una norma al momento non inserita all’interno del decreto fiscale, ovvero il provvedimento collegato alla Manovra che ieri ha passato un primo vaglio del Consiglio dei ministri. A quanto pare la temuta previsione è a tal punto in ballo da spingere molti addetti ai lavori a ritenere che potrebbe rispuntare fuori come emendamento in sede di conversione del decreto. Oppure all’interno della stessa legge di bilancio. Di cosa parliamo? In sostanza ci troviamo di fronte a uno dei tentativi che si starebbe mettendo in campo, accanto alla rottamazione bis delle cartelle esattoriali, per consentire al ministero dell’economia di raggranellare altre risorse. E questo tentativo consiste nella cosiddetta “cartolarizzazione” dei crediti fiscali già trasformati in cartella.

Il dettaglio – In pratica si tratterebbe di cedere a terzi, per esempio banche o società di factoring, i crediti medesimi per consentire allo Stato di incassare in tempi più rapidi. Un’operazione del genere sarebbe una sorta di anteprima nella storia dell’amministrazione finanziaria, che finora ha fondamentalmente conosciuto il fenomeno delle cartolarizzazione immobiliari o dei crediti Inps e Inail. Il piano attinge a una vecchia polemica, ovvero quella dell’enorme mole dei crediti di difficile riscossione gestiti dalla ex Equitalia. È un po’ come se ci si trovasse di fronte ai crediti deteriorati delle banche, tema oggi tanto di moda, che in questo periodo vengono venduti in massa per consentire agli istituti di alleggerire i loro bilanci incassando importi nettamente minori, ma in tempi celeri. Tornando ai crediti tributari iscritti a ruolo, secondo diverse stime quelli vagamente recuperabili sarebbero più o meno 50 miliardi. Ma è sui rischi di una loro cessione a terzi che deve concentrarsi l’attenzione. Da anni, infatti, complici la crisi e gli atteggiamenti a volte troppo aggressivi da parte dell’agente pubblico di riscossione, si sono succedute norme a ripetizione per limitare il raggio d’azione di Equitalia. Si pensi all’impossibilità di iscrivere ipoteca sugli immobili per crediti inferiori ai 20 mila euro, al divieto di procedere all’espropriazione immobiliare nei confronti dell’unica casa di proprietà del debitore e al divieto di espropriare altri immobili per crediti fiscali inferiori ai 120 mila euro. Tutte norme di garanzia nei confronti dei contribuenti-debitori. Ma si tratta di previsioni che vincolano solo l’ex Equitalia, non soggetti privati.

Il punto – Ecco allora il rischio, che minaccia di trasformarsi in una bufera qualora non opportunamente temperato: se questi crediti verranno effettivamente ceduti a terzi, banche o società di factoring, queste non saranno minimamente tenute a rispettare i suddetti vincoli. E per i contribuenti potranno essere dolori. Il problema è a tal punto sentito che all’interno della stessa ex Equitalia si sta sollevando il tema. E si sta facendo presente che, se proprio si vorrà sperimentare questa cartolarizzazione per fare cassa, almeno la si dovrà accompagnare con tutele in tutto e per tutto simili a quelle oggi imposte all’agente pubblico della riscossione a garanzia dei contribuenti. Di sicuro c’è un fantasma che non fa dormire sonni tranquilli.

Twitter: @SSansonetti