Il flop dell’accoglienza. Strutture indecenti per 2,5 miliardi l’anno. Primo report di Salvini al Viminale: riscontrate oltre tremila irregolarità

Il primo report sull'accoglienza da quando c'è Salvini al Viminale evidenziano il flop con tutta una serie di irregolarità nei centri per i migranti

Una spesa per le casse pubbliche di circa 2,5 miliardi per ottenere in cambio un sistema di centri per migranti all’interno dei quali abbondano irregolarità. Su un totale di 5.678 ispezioni sono state adottate tremila contestazioni, mentre per 36 centri si è arrivati alla “risoluzione contrattuale per gravi inadempienze”. In pratica, dunque, ogni due ispezioni veniva riscontrata perlomeno un’irregolarità. Numeri che lasciano senza parole e che, soprattutto, non danno ragione di una spesa miliardaria. Sono numeri, questi, che emergono dalla relazione del Viminale (la prima da quando c’è Matteo Salvini) sul “funzionamento del sistema di accoglienza predisposto al fine di fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all’eccezionale afflusso di stranieri nel territorio nazionale” e relativa al 2017 (gestione Minniti, dunque). Il primo rilievo che salta immediato agli occhi, come detto, è la spesa che affronta annualmente l’Italia. L’anno scorso “un settore così appetibile” (questa la definizione che dà lo stesso Viminale) com’è quello dell’accoglienza ha generato un esborso di 2,5 miliardi di euro. A cui, peraltro, lo Stato nemmeno è riuscito a far fronte: con gli stanziamenti a disposizione, infatti, è stato possibile arrivare a saldare i costi fino a settembre. Ed è, spiega il ministero, “una situazione che si è ripetuta per il secondo anno e che, presumibilmmente, si replicherà anche nel 2018”. E questo perché, nonostante siano state avanzate richieste specifiche in sede previsionale, “non sono stati poi stanziati i fondi richiesti” con conseguente ripiano delle situazioni passate nell’anno successivo, “con trascinamento ciclico della sofferenza finanziaria”.

Affari sporchi – Un business allucinante, insomma. Basti un piccolo raffronto per comprendere nel dettaglio di cosa parliamo: a fronte di sbarchi in diminuzione (dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017 c’è stato un calo degli arrivi del 34%), soprattutto i centri di prima accoglienza sono aumentati. In questo caso, infatti, parliamo di un incremento del 20%: siamo passati dai 7.572 del 2016 ai 9.132 dell’anno appena trascorso. Non solo. Secondo quanto si legge in un passaggio della relazione, infatti, dinanzi alla creazione di nuovi posti di accoglienza nelle strutture temporanee attivate soprattutto nel primo semestre 2017, “non è corrisposto, nel corso dello stesso esercizio, un proporzionale adeguamento delle risorse finanziarie, malgrado la programmazione delle spese in sede di bilancio di previsione e le proposte avanzate in sede di assestamento”. In particolare, il Viminale aveva chiesto un’integrazione dei fondi per 1,2 miliardi di euro, ma ha ricevuto solo 665 milioni. Tanto che, spiega il ministero, ciò ha fatto sì che il 2017 si chiudesse con un debito nei confronti dei gestori per 510 milioni di euro che è stato sanato nei primi mesi del 2018.

Un inferno – Che più di qualcuno ci abbia lucrato, dunque, è un’evidenza data non solo dai fatti di cronaca, ma anche da questi numeri. Cui, peraltro, se ne aggiungono altri. Un intero capitolo della relazione ministeriale, infatti, è dedicato alle ispezioni condotte nei vari centri d’accoglienza per migranti. Oltre 3mila le irregolarità che hanno portato a penali per circa 900mila euro. Nella maggior parte dei casi parliamo di contestazioni relative a questioni burocratico-amministrative, ma non mancano episodi in cui, invece, le irregolarità toccano il modo in cui gli stessi rifugiati vengono trattati: spesso, infatti, le contestazioni hanno riguardato i servizi alla persona, altre volte la fornitura di beni. E in ben 36 casi i centri sono stati chiusi per gravi inadempienze. In media parliamo di tre casi ogni mese. Un numero troppo elevato visto il business che c’è dietro.