Il Jobs Act si può migliorare. L’Ugl chiama Poletti: è ora di costruire insieme. Parla Francesco Paolo Capone, da un mese al timone dell’ex Cisnal: scendere in piazza non è stato inutile

Il Presidente della Repubblica ha blindato le riforme. Ha sentito che schiaffo al sindacato?
“Sinceramente no, per il semplice fatto che il sindacato non è contro le riforme”. Francesco Paolo Capone, da appena un mese al timone dell’Ugl, era in piazza con Cgil e Uil all’ultimo sciopero generale. “Questo non vuol dire – spiega – che il Paese ci piace così com’è, ma non tutte le riforme sono buone. Ed è nostro dovere avvisare il Governo quando sbaglia”.
Non è che avete sbagliato anche voi? Con lo sciopero generale avete creato il solito caos, ma poi che c’è rimasto?
“C’è rimasto che il ministro del Lavoro Poletti oggi riapre una discussione su alcuni dei punti più controversi del Jobs Act. Poi certo, quando si arriva all’ultima ratio dello sciopero generale abbiamo perso tutti”.
La Cisl non ha perso. In piazza non c’era…
“Se la mettiamo così, non ha nemmeno vinto. Se oggi possiamo portare le ragioni di milioni di lavoratori al tavolo del Governo non è certo merito suo. Certo, un’organizzazione che a scatola chiusa prende per buono quello che passa il convento fa pensare”.
Il convento dice che solo con la mossa degli 80 euro ha fatto per i lavoratori più dei sindacati in dieci anni.
“Basta con questi slogan ad effetto. Tutelare i lavoratori non significa solo occuparsi della parte retributiva. Sul fronte dei diritti, potrei rispondere, con una mossa sola questo Governo ha tolto più di dieci anni di conquiste”.
Segretario, non si nasconda. O perlomeno non lo faccia con La Notizia, un quotidiano che contesta dal primo giorno non il valore del sindacato, ma l’inadeguatezza del nostro attuale sindacato.
“E chi si nasconde? Sappiamo bene pure noi che dobbiamo cambiare e che oggi rappresentare il lavoro impone un alto tasso di innovazione. Il sindacato non è tutto uguale. Abbiamo rappresentato bisogni concreti nei tempi durissimi di un’Italia padronale. Oggi il mondo del lavoro è cambiato. Prima di difenderli, ci sono diritti che vanno addirittura costruiti. E i tempi non sono meno duri di una volta”.
Poi però il sindacato resta polveroso…
“Questo lo dice certa politica, che nell’ultimo rapporto Censis scende al minimo storico di fiducia, con solo il 25% degli italiani che ci crede ancora. Nella stessa ricerca il sindacato sta al 60%”.
Sì, va bene, le ricerche…
“Allora vogliamo i numeri? Renzi ha espugnato il suo partito, e di conseguenza il Governo, alle primarie che hanno mobilitato meno di due milioni di italiani. I sindacati di iscritti ne hanno 16 milioni”.
In grandissima parte pensionati.
“Perché, non è legittimo che il sindacato tuteli chi lavora e chi ha lavorato? E noi vogliamo tutelare il lavoro. Anche quello di chi non l’ha mai avuto”.
Con le vecchie ricette alla fine però tutelate i pochi garantiti e affondate le possibilità dei tanti precari e disoccupati.
“Le ricette dei sindacati non sono tutte antiche e i sindacati non sono tutti uguali. L’Ugl è forse l’unica organizzazione di rappresentanza al mondo con una matrice di destra. Temi che altre confederazioni hanno difficoltà a trattare, come la partecipazione dei lavoratori al capitale dell’impresa (e agli utili), per noi sono centrali”.
C’è anche la trasparenza tra questi temi? L’Ugl non esce dal periodo più glorioso della sua storia.
“La vecchia dirigenza è sotto indagine per l’ipotesi di appropriazione indebita. Indaga la magistratura è la fiducia nel suo operato è assoluta. Speriamo anche che faccia presto così da aiutarci a guardare avanti. Una cosa è certa: miglioreremo i nostri sistemi di controllo”.
Sicuro che la vecchia guardia è fuori dalla porta?
“In effetti qualcuno non ha capito che questo sindacato ha deciso in massa di cambiare al suo interno. Dovranno rassegnarsi”.
Se farete sul serio trasparenza chissà che verrà fuori…
“Verrà fuori quel che deve venire. Ma la trasparenza non sia un pretesto per imbavagliarci e rendere difficile la nostra missione a fianco dei lavoratori. Perché possiamo migliorare e innovare quanto vogliamo il modo di fare sindacato, ma sulla nostra missione e sui nostri valori non cederemo mai”.