Il Mezzogiorno sotto il fuoco della crisi, ma il Cipe di Lotti firma più delibere per il Nord. Il Sud ancora tradito dalla politica

Il Sud sulla carta è una in cima alle preoccupazioni di tutti i Governi. Ma i numeri sull’attività del Cipe raccontano un'altra storia sulle opere pubbliche

Il Sud, sulla carta, è una in cima alle preoccupazioni di tutti i Governi. Ma i numeri sull’attività del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) guidato da Luca Lotti raccontano ben altra storia in materia di opere pubbliche. Con le regioni settentrionali che la fanno da padrone. Il quadro è descritto da una ricerca realizzata dalla società Cresme e messa a disposizione della Camera. Un dato spicca su tutti: le opere pubbliche già in corso nel Centro-Nord sono pari a 53,6 miliardi di euro, mentre al Sud sono 35,9 miliardi. Si dirà: forse gli altri sono in cantiere. Nient’affatto: per il Mezzogiono solo 1,9 miliardi sono destinati a lavori pronti per iniziare, mentre nel resto dell’Italia, per la stessa situazione, i soldi a disposizione sono 14,6 miliardi. Numeri che confermano una disparità di trattamento. A questo si aggiunge l’ulteriore problema a portare avanti i progetti nel meridione, dove c’è un 50% di “lavori senza contratto”, ossia ancora privo dell’assegnazione di appalti. Per questo il deputato di Civici e Innovatori, Salvatore Matarrese, ha chiesto conto al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, presentando un’interrogazione alla Camera. “Per le infrastrutture al Sud, al netto dei fondi comunitari e Fondi per lo Sviluppo e la coesione (Fsc) in arrivo, vi sono meno risorse rispetto al resto del Paese, con una minor copertura dei finanziamenti in termini di disponibilità, una ridotta quantità di lavori da iniziare in tempi brevi e un minor numero di opere esaminate dal Cipe”, denuncia il parlamentare. E ancora: le opere non prioritarie deliberate dal Comitato sono quasi 60mila per il Centro-Nord e poco più di 14mila per il Sud.

Sfida impari – Sulle opere prioritarie, quelle considerate strategiche (gran parte riguardano le ferrovie), le disponibilità finanziarie sono impari. Il costo per questi lavori, al dicembre 2016, è di 89,6 miliardi di euro, suddiviso in 53,6 miliardi al Centro-Nord e di 35,964 miliardi al Sud. Nel dettaglio: “Le disponibilità finanziarie per le opere del Centro-Nord ammontano complessivamente a 41,1 miliardi di euro, mentre il fabbisogno residuo (la cifra necessaria per completare i lavori, ndr) ammonta a 12,5 miliardi includendo nel calcolo eventuali fondi residui. Le risorse disponibili consentono quindi una copertura finanziaria pari al 77% del costo”, si legge nello studio.  “Le disponibilità finanziarie per le opere del Mezzogiorno, invece, ammontano a 22,9 miliardi di euro, mentre il fabbisogno residuo ammonta a 13,1 miliardi includendo nel calcolo eventuali fondi residui. Le risorse disponibili consentono una copertura finanziaria pari al 64%”.

Per il futuro – Insomma, al netto dei fondi comunitari e gli FSC in arrivo, al Mezzogiorno arrivano meno risorse rispetto al resto del Paese, con una minor copertura dei finanziamenti in termini di disponibilità. E come se non bastasse, nonostante siano di meno i lavori da iniziare in tempi brevi ci sono meno opere esaminate dal Cipe. L’attenzione si sposta ora sul Documento pluriennale di pianificazione, da adottare entro il 19 aprile 2017: il testo dovrà definire una nuova disciplina per la programmazione delle infrastrutture e delle opere prioritarie per lo sviluppo. “In questo caso si può provvedere anche a recuperare quello che è rimasto incompiuto, tenendo presente la situazione del Sud”, dice Matarrese. “Il rischio è che il Sud resti sempre più indietro, ampliando il divario storico: io vedo sempre più soldi dati al Nord. Certo, il problema del Mezzogiorno è la mancanza di volontà politica complessiva, dal Governo centrale alle amministrazioni locali. Manca un sistema: ognuno va in ordine sparso”, conclude Matarrese. E così anche i fondi europei a disposizione non producono effetti.