Il ministero della Difesa pronto a far guerra ai droni. Ecco il piano per contrastare le minacce, non soltanto ai siti militari

Il ministero della Difesa pronto a far guerra ai droni. Ecco il piano per contrastare le minacce, non soltanto ai siti militari

Il ministero della Difesa comincia ad adottare contromisure di fronte al dilagare dei droni. Sempre più diffusi anche tra i privati, quelli che tecnicamente si chiamano Apr, ovvero aeromobili a pilotaggio remoto, naturalmente vengono percepiti come una potenziale minaccia per la sicurezza nazionale. In ballo c’è un programma pluriennale “concernente l’acquisizione di una capacità iniziale di contrasto alla minaccia mini-micro Apr”. Questi ultimi, in pratica, sono droni anche di piccolissime dimensioni. Il progetto è illustrato nelle schede allegate a un decreto del ministero guidato da Roberta Pinotti e ora all’esame delle commissioni difesa di Camera e Senato. Il programma, spiegano i documenti, “trova la propria giustificazione nel crescente utilizzo di velivoli a pilotaggio remoto di piccole dimensioni per il compimento di attività ostili, intrusive e di attacco, dirette a colpire obiettivi sensibili, militari e non”.

Il piano – Da qui, proseguono le carte, “la necessità di dotarsi di appositi sistemi di contrasto a elevato contenuto tecnologico, da integrare nella catena di comando e controllo della difesa nazionale che siano rapidamente dispiegabili, e riconfigurabili in funzione delle caratteristiche anche orografiche del settore da proteggere e in grado di individuare, localizzare, identificare e se necessario neutralizzare sistemi Apr utilizzati a scopo ostile”. Per Apr mini e micro, chiariscono nel dettaglio i documenti, “si intendono gli aeromobili a pilotaggio remoto con un peso al decollo compreso tra i 2 e i 20 chilogrammi (classe mini) e tra gli 0 e i 2 chilogrammi (classe micro)”. Insomma, premesse molto chiare.

I costi – Ma quanto è disposto a stanziare il ministero per far fronte a questa minaccia? Per rispondere alla domanda occorre precisare che il programma prevede una fase iniziale di acquisto di sistemi anti droni, con esborsi che quindi sono destinati a salire. Ad ogni buon conto il costo complessivo finora stimato non sembra altissimo, visto che parliamo di 5 milioni di euro così distribuiti: 1 milione da spendere nel 2017, 2,3 milioni nel 2018 e 1,17 milioni nel 2019. Ma la somma finale, come detto, sembra destinata a salire. E qui si arriva alla seconda domanda: da chi comprerà l’Italia questi sistemi anti droni? Sul punto le schede tecniche della Camera, che si basano su altri allegati al decreto della Difesa, tracciano il contesto economico da cui il ministero si appresta ad attingere. “I settori industriali interessati”, si legge, “sono prevalentemente quelli dell’elettronica e dell’elettroottica”. Subito dopo si fa riferimento alla necessità di dotarsi di sensori attivi e passivi. I primi sono molto semplicemente sistemi radar. I secondi, invece, sono “rilevatori acustici in grado di identificare radiofrequenze emesse dal radiocomando che controlla l’Apr”.

Gli altri dettagli – In più, conclude sul punto la scheda tecnica, “i sistemi in esame dovranno essere in grado di identificare e classificare la minaccia al fine dell’eventuale attivazione delle corrispondenti contromisure, da attivare sulla base delle specifiche regole di ingaggio”. Un fatto è certo: la diffusione del fenomeno è tale che la Difesa ha cominciato a guardarsi alle spalle. Tra l’altro di questi tempi alle Commissioni difesa del Parlamento sono arrivati anche altri decreti targati Pinotti. La Notizia del 10 ottobre aveva raccontato del provvedimento con il quale la ministra, in caobitazione con il ministro degli esteri, Angelino Alfano, ha deciso di cedere gratis all’Albania 5mila fucili d’assalto e 2 blindati nel quadro dei rapporti bilaterali tra i due paesi. Ma in quell’occasione una scheda dello Stato maggiore della Difesa aveva chiarito che il “regalo” a Tirana viene effettuato anche nella speranza di propiziare appalti albanesi alle aziende italiane nel settore degli armamamenti. E negli stessi allegati tecnici si spiegava che in ballo c’è un contratto di Leonardo per la fornitura di sistemi di controllo del territorio e di sistemi di comunicazioni radio. Con l’ex Finmeccanica c’è anche Beretta, che da tempo vanta contratti con Tirana per la fornitura di armi leggere (per esempio alle forze di polizia).

Tw: @SSansonetti