Il miraggio delle autostrade. Dalla crisi non c’è uscita

di Andrea Koveos

Il miraggio delle autostrade italiane. L’ennesimo caso di opere pubbliche che non verranno mai realizzate. Una programmazione quanto meno azzardata che in quasi dieci anni a partire dal 2000 aveva previsto, inserite nel Programma delle infrastrutture strategiche, 23 nuove tratte autostradale in finanza di progetto per una spesa totale di quasi 40 miliardi di euro. Questo tipo di operazione, oltre il finanziamento pubblico di quasi 9 miliardi, prevede nel progetto il coinvolgimento di aziende private che oltre ad assumersi in parte i costi dovrebbero beneficiare in futuro dei guadagni derivanti dalla realizzazione delle opere. Vacche magre, dunque, per le holding autostradali come il Gruppo Benetton, Gavio, Caltagirone e Sias (quest’ultima ha in pancia la maggior parte delle concessionarie) che dovranno ancora una volta farsi la guerra per accapararsi margini di profitto sempre più piccoli. Perchè nessuna banca ha concesso prestiti a lungo termine per le nuove autostrade? Per due ordini di ragioni. La prima più generale riguarda la nostra burocrazia vero e proprio cancro nello sviluppo.

Una serie sconfinata di iter amministrativi, contenziosi e ricorsi ai tribunali di ogni ordine e grado che impediscono qualsiasi realizzazione. Una confusione di regole vetuste, un’incrostazione di leggi che hanno messo l’uno contro l’altro lo stato e le regioni, i tribunali amministrativi locali e in molti casi il gradino superiore costituito dal Consiglio di Stato. E poi la guerra tra pubblico e privato, la lunghezza insopportabile dei tempi necessari per far decidere ogni cosa ai consigli comunali, alle commissioni urbanistiche, persino ai consigli municipali. Per non parlare delle sovrintendenze e dei comitati spontanei che ormai spuntano come funghi e dicono no a tutto.  Il secondo motivo è più legato alla grande situazione di crisi che sta vivendo il Paese e più specificatamente la mancanza di liquidità a fronte di un piano economico non più sostenibile. Ecco perché l’unica ancora di salvezza per le autostrade in project financing è rappresentata dalle agevolazioni fiscali.   Un esempio su tutti:  governo e Regione Lombardia hanno recentemente deciso una mega defiscalizzazione per la realizzazione delle autostrade regionali della Lombardia (Tem, Brebemi e Pedemontana). Un bonus fiscale di 7 miliardi di euro per delle strade che avrebbero dovuto camminare con le proprie gambe. Ma non è l’unico caso.

Tra le opere per le quali è allo studio l’utilizzo degli sconti fiscali ci sono anche l’Asti-Cuneo (1,6 miliardi di costo totale), la Ragusa-Catania (898 milioni), la Bretella di Ancona (574 milioni) o la Caianello-Benevento (768 milioni). Secondo uno studio del Sole24ore Edilizia e Territorio sui 7 miliardi di contributi pubblici previsti, circa tre sono ancora da reperire; anche tra i 4 disponibili, comunque (3,5 statali e 500 milioni dalle Regioni interessate), la quota effettivamente spesa non supera gli 8-900 milioni (in gran parte Asti-Cuneo, più 150 mln sulla Pedemontana Lombarda). Nel computo vanno poi considerati 2,4 miliardi di valore di subentro per Brebemi e Pedemontana Lombarda, su cui in ultima istanza è garante lo Stato.

I cantieri sono a oggi avviati solo su sei delle 23 tratte (Brebemi, Pedemontana Lombarda 1 lotto, Tem, Pedemontana Veneta primi due lotti, Tirrenica prime due tratte), per un valore di circa 8 miliardi, sui 39 programmati. Del resto  il miraggio delle autostrade è un fenomeno molto diffuso in Italia.  La Livorno – Civitavecchia, per esempio, è progetto nato nel 1968. Ci sono voluti 40 anni perché il Cipe approvasse il piano preliminare e ancora oggi siamo punto e a capo.

Amcora. La vicenda della Pedemontana veneta, lunga 94 chilometri, ha richiesto un’istruttoria più lunga della superstrada stessa ed è ancora ferma al palo, così come la Roma-Latina, la Caianello-Benevento, la A1-Grazzanise-Domitiana e la Ferrara-Mare.