Il Pd insiste sulla decadenza di Silvio Berlusconi dagli incarichi parlamentari. Così il governo si avvia verso il capolinea

di Fabrizio Gentile

Il Pdl ne fa una questione di logica, il Pd di diritto. E il tutto si risolve in una questione politica. La decadenza di Silvio Berlusconi dagli incarichi parlamentari, al vaglio della Giunta per autorizzazioni il prossimo inizio di settembre, vede stracciate – tanto per cambiare – le larghe intese. Il centrosinistra insiste nell’annunciare che voterà per la decadenza del Cavaliere da qualunque incarico istituzionale, il centrodestra molla la presa sul concetto di persecuzione e si concentra sulla linea tecnica: impossibile applicare una norma del 2012 per fatti accaduti oltre dieci anni prima. Cosi’ Daniele Capezzone, Presidente della Commissione Finanze della Camera e Coordinatore dei dipartimenti Pdl, delinea il quadro: ‘’Dinanzi ai numerosi e qualificatissimi pareri di giuristi, non di rado culturalmente assai lontani dal centrodestra, e che tuttavia esprimono dubbi e perplessità sulla legge Severino e sulla sua applicabilità al caso Berlusconi; e ancora, dinanzi a quanto emerge sulla stampa sull’animus, sui sentimenti e sull’approccio di chi ha giudicato il Presidente Berlusconi; dinanzi al vulnus che rischia di concretizzarsi non solo verso una persona, ma verso milioni di elettori che hanno diritto ad una piena rappresentanza politico-istituzionale; dinanzi a tutto questo, il premier Enrico Letta e il Pd non possono fare come Ponzio Pilato. Le conseguenze di una eventuale scelta pilatesca – afferma – sono chiare a tutti’’.

L’attacco del Pdl
L’affondo giuridico-politico è lasciato a Francesco Paolo Sisto (PdL), presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera: ‘’Nel disegno di legge 665 del 17 maggio 2013, annunciato nell’Aula del Senato l’8 luglio scorso, si legge che se si ammettesse il principio della retroattività della incandidabilità ‘si riconoscerebbe sostanzialmente la possibilità che una legge, mutando i requisiti, possa rendere incompatibili o ineleggibili, in corso di mandato, anche i membri del Parlamento’. Il che e’ come dire che una legge sopravvenuta potrebbe cancellare, o comunque limitare la volontà popolare’’, afferma. ‘’Secondo questo principio, quindi – aggiunge – Berlusconi non può essere dichiarato incandidabile ne’ decaduto. Sapete chi sono gli autori-proponenti? La senatrice Isabella De Monte, Segretaria della Giunta per le elezioni, e il senatore prof. Giorgio Pagliari, primo firmatario, ordinario di diritto amministrativo e componente della stessa Giunta per le Elezioni, oltre ai senatori Pignedoli, Fornaro e Friavezzo. Dimenticavo: tutti del Partito Democratico. Il sipario si chiude: chi fino ad ora nel Pd ha sostenuto l’applicabilità a Berlusconi della norma Severino-Monti sapeva di dire il falso. Avranno il coraggio Segretario e Componente Pd della giunta per le elezioni, pur di fare fuori Berlusconi, di votare contro il loro pensiero, così autorevolmente da loro stessi espresso? E avrà ancora la disinvoltura il Pd di non applicare la legge secondo i principi affermati dai suoi più autorevoli esponenti in Giunta? Se avrà tale spudoratezza – conclude Sisto – bisognerà trarne le conseguenze, doverose’’.

La repubblica delle banane
Nel Pdl ‘’prevalga il senso di responsabilità e consapevolezza: non si può chiedere al Pd soluzioni da repubblica delle banane. L’unica strada è indicata nel recente messaggio del Presidente Napolitano e rappresenta la più alta garanzia per tutti’’. Il deputato Pd Matteo Colaninno respinge al mittente a proposta e anzi si scaglia contro quelle che definisce ‘’le minacce quotidiane di crisi di Governo di alcuni dirigenti Pdl rischiano di riportare l’Italia sotto l’immagine di un paese ingestibile e periferico, scarsamente affidabile proprio ora che l’esecutivo Letta sta ottenendo risultati importanti. E’ fondamentale – ha detto – rimanere concentrati su ripresa dell’economia, stabilità finanziaria, occupazione, debito pubblico, istruzione e riforme delle istituzioni’’.

Posizioni distanti
Le posizioni restano diametralmente opposte. Per Maurizio Gasparri “se il Senato non facesse, a partire dalla Giunta per le elezioni, un’approfondita valutazione sulla legge Severino commetterebbe un misfatto. Il Pd deve riflettere e non celebrare congressi e faide interne a spese del diritto e degli equilibri fondamentali della nostra democrazia. La vicenda, oltre che una sua gigantesca rilevanza politica, assume anche una enorme rilevanza costituzionale e giuridica”. Per il senatore Pdl “molti sono i giuristi, anche di sinistra, che si pongono dubbi. Un’estromissione dal Senato di Berlusconi attraverso norme in sostanziale contrasto con i principi costituzionali, e mai applicabili comunque retroattivamente, precipiterebbe l’Italia in un baratro di illegalità dalle conseguenze gravissime e imprevedibili”.