Il Punto di Mauro Masi. Non c’è più tempo da perdere per un brevetto mondiale unico

Parlando pochi giorni fa all’High Level Panel on Access to Medicine dell’ONU, Sir Andrew Witty il capo carismatico della GSK (Glaxosmithkline, il secondo gruppo farmaceutico del mondo) ha annunciato che la sua società ha deciso di adottare un approccio più flessibile e “graduato” alla politica dei brevetti e della tutela della proprietà intellettuale nel senso che renderà più facilmente ottenibili i nuovi farmaci (in particolare i cosiddetti farmaci “salva vita”) nei paesi più poveri.

Così la GSK non depositerà più brevetti ad esempio in Afghanistan, Ruanda, Cambogia (Paesi citati da Witty) ed in altre nazioni a più basso reddito pro-capite.

Per i Paesi a reddito medio (tipo Pakistan, Marocco, Ucraina, Kosovo), l’azienda registrerà i brevetti ma punterà ad offrire la possibilità di ottenere versioni generiche dei propri farmaci  brevettati attraverso il pagamento di royalty molto basse.

Naturalmente (come è stato osservato anche dal rappresentante di Medici Senza Frontiere presente nello stesso simposio dell’ONU) tutto ciò non risolve l’annoso problema della dicotomia tra “diritto alla salute” e protezione della proprietà intellettuale (anche per finanziare la ricerca), purtuttavia deve essere valutata come un significativo passo avanti.

Già lo scorso anno GSK aveva diffuso su larga scala e praticamente a titolo gratuito tra i bambini africani un suo innovativo vaccino contro la malaria ma in realtà gran parte del costo dell’operazione era stato sostenuto dalla Bill and Melissa Gates Foundation.

Il tema resta peraltro  apertissimo e caratterizzato da approcci diversi nei diversi Paesi.

Un paio di anni fa ha fatto molto scalpore (e giustamente) la sentenza della Corte Suprema indiana che respinse un ricorso del colosso farmaceutico svizzero Novartis relativo al brevetto del Gleevec (un farmaco molto efficace contro la leucemia ed alcuni tumori del sistema gastrointestinale) “copiato” dalle aziende farmaceutiche indiane e venduto ad un prezzo molto più basso di quello originale.

Successivamente fu trovata una soluzione di  compromesso ma anche questa vicenda, dove tutti sembrano avere ragione (le “big-pharma” perché ritengono che senza protezione brevettuale non saranno più sostenibili i costi – elevatissimi -per la ricerca dei nuovi farmaci; i Paesi in via di sviluppo perché rivendicano il “diritto alla salute ed inoltre vogliono concedere brevetti solo se c’è vera innovazione) nasce un ulteriore stimolo a meglio coordinare le norme brevettuali mondiali e cercare (come, con molta modestia, qui si sostiene da tempo) l’approdo verso un unico “brevetto mondiale”.