Il Senato tortura la legge: avremo altri casi Cucchi. La norma approvata lontana dalle Convenzioni Onu

Approvata la legge sul reato di tortura. Ma mentre la maggioranza esulta, la norma è lontana dai parametri indicati dalle Convenzioni Onu.

Una delle più soddisfatte dell’approvazione della legge sul reato di tortura, è stata senza dubbio la ministra Anna Finocchiaro che ha parlato di “equilibrio avanzato” tra vittime e pubblici ufficiali. Fa niente se, nei fatti e al di là degli annunci, la Convenzione Onu del 1984, su cui pure la legge dovrebbe basarsi, dica tutt’altro. Già, perché l’articolo 2 della stessa Convenzione recita chiaramente gli Stati firmatari sono tenuti ad adottare “misure legislative, amministrative, giudiziarie e altre misure efficaci per impedire che atti di tortura siano commessi”. Efficaci. Per impedire. Ecco, esattamente quanto la legge approvata ieri al Senato (195 voti a favore, 8 contrari e 34 astenuti) non fa. Almeno secondo quanto dichiara Antigone, che da sempre si occupa di tali tematiche. “Questa legge – dice l’associazione insieme ad Amnesty International – qualora venisse confermata anche dalla Camera sarebbe difficilmente applicabile”. Il motivo? Semplice: per accertare la tortura, questa dovrebbe essere reiterata nel tempo. Un’eventualità che, ovviamente, non sta in piedi. Ma non basta, perché poi per quanto riguarda la sofferenza psichica, questa deve essere “verificabile”. “Un termine che vuol dir tutto e nulla e che lascia spazio a mille e pericolose interpretazioni”, ci dice Alessio Scandurra di Antigone. Ed è questo il motivo per cui il ddl licenziato dal Senato non convince minimamente: “Noi avevamo chiesto che il testo fosse attinente alla Convenzione Onu proprio per evitare slabbramenti che poi di fatto ci sono stati. E ora è difficile paragonare quanto si vuole fare in Italia alle esperienze e le giurisprudenze del mondo, che sono incomparabili a questo punto”. Distanze siderali, insomma.

Buio totale – Vedremo ora cosa farà la Camera. Perché la partita, a questo punto, potrebbe essere anche soltanto politica, al di là di un impegno concreto nel risolvere un buco normativo che dura da quasi 30 anni. “La storia recente – ci dice ancora Scandurra – è stata caratterizzata da una serie di emendamenti strumentalmente folli e ciononostante approvati, con l’unico intento far perdere interesse sulla legge. Di modo che la maggioranza non dovesse nemmeno giustificarsi con l’elettorato. Questo è uno scenario plausibile alla Camera e credo possa essere anche, in parte, la lettura di quanto accaduto al Senato”. Ma la domanda di tutte le domande a questo punto è: la nuova legge aiuterà ad evitare casi tragici per cui l’impunità spesso è stata l’indegna conclusione, dalla Diaz ai tanti casi Cucchi? “Il diritto penale si impara al primo anno dell’università – spiega Scandura – la sua caratteristica è essere analitico, chiaro, univoco. Tutto quello che questa legge non è”. E il caos, come si sa, è nemico della giurisprudenza. “Parliamo di casi molto spesso già di per sé controversi e molto differenti gli uni dagli altri” e una legge non chiara non aiuta. “Il problema  continua ancora Scandurra – è che questa norma non dice cosa si possa fare e cosa no”. Un problema non da poco. Almeno per la società civile. Per altri, forse, è un vantaggio.