Brandelli d’Italia

di Oscar Cromato

Anche i vertici del calcio finiscono per essere rottamati. Al termine della seconda sconfitta consecutiva di un Mondiale molto deludente, il ct cesare Prandelli, e poi a seguire pure il presidente Giancarlo Abete, hanno rassegnato le dimissioni. Lasciano Coverciano e la Nazionale. «Al termine della partita ho parlato con il presidente federale Abete, il vicepresidente Albertini e il direttore generale Valentini. Il progetto tecnico è di mia responsabilità, rassegno le mie dimissioni. Quando un progetto tecnico fallisce, è giusto prendersi le responsabilità. Mi assumo tutte le responsabilità del progetto tecnico, su ogni decisione tecnica e di preparazione: ho già parlato con i responsabili della Figc e ho rassegnato le mie dimissioni, che sono irrevocabili». Il ct ha esordito così in conferenza stampa.

Il contratto dei veleni
Dopo la notizia delle dimissioni, Prandelli sputa il rospo. «In seguito al rinnovo del contratto mi hanno trattato come un ladro, ma io non ho mai rubato i soldi ai contribuenti, ho sempre pagato le tasse, posso andare a testa alta. Ripeto: mi dimetto perché è mio il progetto tecnico, e non è stato un progetto tecnico vincente».
Per Prandelli è tutto il sistema calcio in Italia che dovrebbe essere rivisto: «Nel momento del rinnovo del contratto è cambiato qualcosa, siamo stati considerati come un partito. Si rifonda solo con la volontà di ripartire dai settori giovanili. Ci sono troppi stranieri, troppe partite, servirebbe molta più collaborazione».
L’attacco è verso i club («Un esempio: il mercoledì si giocava con la Spagna e la domenica precedente c’erano tre posticipi») ma anche nell’atteggiamento generale nei confronti della Nazionale: «Siamo partiti che quasi ci prendevamo insulti e fischi. Non c’è senso patriottico, fischiamo l’inno, partiamo senza tifosi e li dobbiamo conquistare via via».
Poi però, il ct riavvolge il film della partita con l’Uruguay e torna ad attaccare l’arbitro: «La moviola? A questi livelli sono convinto che dovremmo usare più mezzi possibili per non sbagliare. Ci sono troppi interessi. Il calcio è meraviglioso quando due squadre sono giudicate in maniera equa, oggi un’espulsione ingiusta ha condizionato tutto. Il gesto di Suarez saranno gli altri a commentarlo. Erano così attenti i collaboratori dell’arbitro, ma non hanno visto». Il ct azzurro però ammette che l’eliminazione non è stata colpa dell’arbitro: «Il Mondiale l’abbiamo perso con la Costa Rica. A certi livelli diventa importante non solo la tecnica, ma anche la fisicità. E il nostro calcio non produce giocatori veloci».

L’addio di Abete
Anche il presidente Abete getta la spugna. «Io andrò al consiglio federale con le mie dimissioni. Voglio favorire riflessioni sul futuro della Federazione, l’ho servita per sette Mondiali. Avevo già deciso prima del Mondiale. Le mie dimissioni sono irrevocabili». Come quelle di Prandelli

 

Le colpe di Prandelli  In quattro anni non ha dato un gioco agli Azzurri di Marco Castoro

Nel 1966 l’Italia uscì al primo turno del Mondiale per la seconda volta consecutiva. Il ct Edmondo Fabbri fu preso a pomodori in faccia. Gli azzurri furono sconfitti dalla Corea. Poco meno di 50 anni dopo la storia si è ripetuta. L’Italia non ha superato il girone di qualificazione per la seconda volta consecutiva ai Mondiali. Il ct Prandelli, che per premio ha già un contratto nel cassetto con il doppio dell’ingaggio, si è dimesso prima di prendersi i pomodori. Tempi che cambiano. Tra l’altro si è dimesso pure il presidente Abete. Anche nel calcio, dunque, è tempo di rottamazione. Seppure le brutte figure restano. Gli azzurri sono usciti dal Mondiale in Brasile a testa bassa. Con l’alibi dell’espulsione (ingiusta!) subita da Marchisio a mezz’ora dalla fine. Lasciando i suoi compagni con flebo e bombole d’ossigeno.

Fallimento Prandelli
Questa squadra scelta dal ct ha dimostrato di avere una sola partita nelle gambe e nella testa. La prima. Vinta contro l’Inghilterra, finita però ultima nel girone. Quindi anche quell’impresa oggi andrebbe analizzata in maniera diversa. Evidentemente non era poi così luminosa. Visto che è stata seguita da due sconfitte, entrambe per 1-0, caratterizzate da due gare nelle quali complessivamente si è tirato in porta solo in un paio di occasioni e non di più. Agli azzurri sono mancate le gambe e la testa. A sprazzi hanno messo in campo solo il cuore. Non certo contro la Costa Rica, che resta la delusione più grande della disavventura brasiliana. Per gli annali sarà come un’altra Corea. La preparazione non è stata all’altezza del Mondiale. E non solo quella atletica. In quattro anni di mandato il ct Prandelli non ha saputo dare un’organizzazione di gioco alla sua nazionale. Ha cambiato spesso moduli e uomini. Ha seguito troppo l’onda. Dei media e dei tifosi. È stato più un ct di pancia che di testa. Meglio Del Bosque, il suo collega spagnolo, che è affondato pure lui al primo turno, ma senza snaturare una intelaiatura fidata e collaudata. Magari stanca, ma pur sempre valida. Invece Prandelli ha rivoluzionato sempre tutto. Ha lasciato a casa qualcuno che gli avrebbe fatto molto comodo e si è portato qualcun altro che finora il Mondiale lo aveva visto solo in tv. Dopo quattro anni di mandato Prandelli si è giocato la gara più importante della sua carriera con una formazione del tutto sperimentale. Calciatori che assieme non avevano mai giocato. Tipo Balotelli e Immobile. Con poi Parolo attaccante. Una ventina di giocatori in campo in tre partite. Più che idee chiare, un frullatore di idee. Come se non bastasse Prandelli ha sbagliato le sostituzioni nella partita decisiva. Ha messo Cassano quando la squadra aveva bisogno di profondità, essendo rimasta in dieci. Forse sarebbe stato più utile un Cerci che è veloce nelle ripartenze. O qualcuno rimasto a casa. Comunque il ct è stato tradito da Balotelli, da Immobile e dal progetto tecnico in toto.