Impresentabili non solo in politica. I 340 indagati delle Agenzie fiscali possono far carriera. E anche gli 800 dirigenti illegittimi rimarrano al loro posto

I 340 indagati in carriera nelle agenzie fiscali non si toccano. E anche gli 800 dirigenti illegittimi rimarrano al loro posto

Un esercito di 340 indagati che resteranno tranquillamente al proprio posto nelle Agenzie fiscali, Entrate e Dogane in testa, in barba a leggi e sentenze. Il tutto grazie a un decreto interministeriale adottato, nel silenzio assoluto, prima delle vacanze estive. E non è una cosa da poco dato che, specie per quanto riguarda l’Agenzia delle Entrate, parliamo proprio di chi controlla le nostre dichiarazioni dei redditi e può mandare accertamenti o, nella peggiore delle ipotesi, cartelle esattoriali. Un marchingegno perfetto, secondo la denuncia del pentastellato Riccardo Fraccaro, quello orchestrato dal Governo. Che ha una data di riferimento: 6 giugno 2017. Quel giorno il ministro Pier Carlo Padoan, di concerto con Marianna Madia, approva un decreto relativo proprio alle Agenzie fiscali. “Abbiamo scoperto – dice a La Notizia Fraccaro – che il Governo vuole aprire i nuovi concorsi per la dirigenza di questi enti strategici anche a chi ha riportato condanne. Un autentico scandalo”. Già, perché all’articolo 2 del decreto si legge che l’Agenzia che bandisce il concorso “può procedere” all’esclusione “dei candidati che abbiano riportato sentenze penali di condanna ancorché non passate in giudicato o di patteggiamento”. Non c’è nessun obbligo: facoltà del tutto discrezionale. E non è un dettaglio considerando che nelle agenzie ci sono, come detto, 340 indagati per vari reati, a partire dalla corruzione, come riconosciuto dallo stesso Governo in risposta a un’interpellanza dei Cinque stelle.

La legge non conta – Ma non è finita qui. All’omicidio perfetto, infatti, si arriva con un secondo passaggio-chiave. “Poiché questa vergogna non sarebbe legittima nella pubblica amministrazione – spiega Fraccaro – al Senato vogliono approvare la riforma degli enti fiscali per tirare fuori le Agenzie dal perimetro pubblico”. La riforma, infatti, garantirebbe maggiore autonomia a cominciare dalle selezioni: così facendo le Agenzie non avrebbero più alcun obbligo in merito a concorsi tenendo conto, ad esempio, dei requisiti penali. Ma siccome al peggio non c’è mai fine, a beneficiare della riforma non sarebbero solo indagati ed eventuali condannati. Il disegno di legge, infatti, permetterebbe di mantenere anche i dirigenti illegittimi, di cui Entrate e Dogane sono pieni: parliamo di circa 800 dirigenti che, per quanto riconosciuto da una sentenza della Corte costituzionale del 2015, non dovrebbero ricoprire tale ruolo, poiché nominati senza alcun concorso pubblico. Da allora, però, a furia di proroghe (l’ultima è fissata al 30 giugno 2018), tutti sono rimasti al proprio posto.

Ecco: ponendo le Agenzie al di fuori del perimetro pubblico, anche gli illegittimi resterebbero al proprio posto, in barba alla legge. Un quadro fosco, dunque, denunciato anche dal presidente onorario del Consiglio di Stato, Salvatore Giacchetti. Nella sua lunga disamina, pubblicata sulla rivista di diritto lexitalia.it, il magistrato non usa mezzi termini: “violare scientemente e premeditatamente le sentenze costituzionali – scrive Giacchetti – non è soltanto irrisione alla giustizia: è anche eversione dell’ordine costituzionale. Ma pare che al governo tutto ciò importi poco”. E questo perché, con questa riforma, avremo “soggetti che con i soldi pubblici possono fare tutto quello che vogliono”. Mantenendo, ad esempio, dirigenti illegittmi e indagati. Insomma, un decreto e una riforma per rivoluzionare il sistema, lasciando poi tutto al proprio posto. Gattopardescamente.

Tw: @CarmineGazzanni