Incollato alla cattedra dal ‘69. Un altro barone alla Sapienza. Pure Siciliani De Cumis rifiuta la pensione. E i giudici frenano il ricambio dei docenti

di Clemente Pistilli

L’elenco degli inamovibili inizia a diventare lungo all’Università “La Sapienza” di Roma, con il rettore Luigi Frati che cerca da una parte di mandare in pensione chi da decenni occupa una cattedra e gli anziani prof che ricorrono ai giudici per non staccarsi dalla poltrona. Una situazione esplosa, nell’estate appena trascorsa, con l’ex ministro Vincenzo Visco, lasciato al suo posto nello “Studium Urbis” prima dal Tar del Lazio e poi dal Consiglio di Stato. Strada percorsa appunto da tanti professori e che ora vede protagonista del braccio di ferro legale il principale pedagogista italiano, Nicola Siciliani De Cumis, che non sembra affatto intenzionato a finire le sue giornate al circolo anziani. Risultato? Lo stesso di “Mister tasse”. I giudici hanno congelato il provvedimento con cui dal 1 novembre doveva andare in pensione.

L’esperto di Labriola
Nicola Siciliani De Cumis è ritenuto appunto il massimo studioso italiano nel campo della pedagogia. Originario di Catanzaro, settanta anni compiuti il 20 luglio scorso, il prof ha messo piede per la prima volta in un’università, per insegnare, nel 1969 e da allora, trascorsi 44 anni, non si è mai fermato. Compiuti i primi studi storici, filosofici e pedagogici a Catanzaro, nel 1969 De Cumis è entrato come assistente di Storia della filosofia all’università di Messina, alternando l’impegno accademico con quello nelle scuole calabresi e di Napoli, dove è poi stato assistente di Filosofia morale presso la facoltà di lettere. Nel 1978 l’ingresso nell’Università della Calabria e nel 1980 il salto come prof di pedagogia in quella di Palermo. La svolta per il pedagogista è però arrivata 31 anni fa, quando ha ottenuto una cattedra a “La Sapienza”, prima nell’insegnamento di pedagogia e infine di pedagogia generale. Professore ordinario, De Cumis si è trasferito nell’Urbe e lì ha messo radici, diventando uno dei massimi esperti del filosofo italiano Antonio Labriola, il più vicino al marxismo. E se l’impegno principale di De Cumis è stato quello universitario a tale attività ha affiancato sempre quella in archivi, biblioteche, giornali, tv, premi letterari, organismi culturali, commissioni di abilitazione e concorso, gruppi di studio nazionali e internazionali. Con numerose pubblicazioni al proprio attivo, dove si discute di pedagogia c’è il prof di Catanzaro.

Incollato alla cattedra
Dopo una così lunga e brillante carriera, anche per Nicola Siciliani De Cumis è arrivato il momento del riposo. Il settantenne ad abbandonare lo “Studium Urbis” non sembra però pensarci proprio. Il 10 maggio scorso si è visto arrivare il provvedimento del rettore Luigi Frati, con cui veniva stabilito che dal prossimo 1 novembre il pedagogista sarebbe andato in pensione.
Il prof, deciso a mantenere la sua cattedra e a ottenere così la discussa proroga di un paio d’anni, è subito passato alle vie legali e a fine luglio ha presentato ricorso al Tar del Lazio. Come Visco e come altri suoi colleghi, De Cumis ha chiesto ai giudici di sospendere subito, per poi annullare una volta esaminata la vicenda nel merito, il provvedimento del Magnifico, affinché venga a lui concessa la possibilità del trattenimento in servizio.

I giudici frenano
Detto e fatto. Il Tribunale amministrativo romano, nell’attesa di prendere una decisione definitiva il prossimo 19 marzo, ha sospeso l’atto con cui De Cumis veniva messo a riposo per raggiunti limiti d’età. Il rettore Frati da una parte e il ministro dell’istruzione, università e ricerca, Maria Chiara Carrozza, dall’altra non hanno mollato e si sono rivolti al Consiglio di Stato. Altra doccia fredda. Il presidente della VI sezione di Palazzo Spada ha confermato la decisione del Tar senza neppure analizzare la vicenda in aula, dove il caso approderà il 12 novembre. Per il giudice Giuseppe Severini mancano i presupposti per esaudire le richieste di Frati e Carrozza. E di ricorso in ricorso il tempo passa e la poltrona di prof resta ben attaccata a De Cumis.

Riceviamo e pubblichiamo:

Mi è stato segnalato da più persone un articolo pubblicato dal titolo “Incollato alla cattedra dal ‘69. Un altro barone alla Sapienza. Pure Siciliani De Cumis rifiuta la pensione. E i giudici frenano il ricambio dei docenti“,  a firma del dottor Clemente Pistilli. L’articolo in questione ricostruisce (in maniera del tutto erronea e non aderente alla verità dei fatti) la controversia in essere tra il professor Siciliani (definito dal giornalista un settantenne  “attaccato alla poltrona”) e l’Università la Sapienza.
Nessuno discute che il dottor Pistilli possa avere la propria opinione sul punto ma, correttezza e deontologia professionale vorrebbero che, prima di riportare fatti del tutto erronei a carico di uno stimato professore, il dottor Pistilli si fosse quantomeno documentato sulla questione (per esempio leggendo le Delibere del Senato Accademico sul punto, in particolare quelle del 17/09/2012 e dell’8/10/2013) e le decisioni del Tar e del Consiglio di Stato. In tal modo avrebbe potuto appurare che la ricostruzione da lui effettuata è del tutto erronea.
Di seguito una dettagliata spiegazione dei fatti come in concreto verificatisi:
– l’Università non ha automaticamente posto in pensione tutti gli “anziani”. Ha introdotto dei requisiti al ricorrere dei quali i professori possono rimanere in servizio. Il prof. Siciliani ha semplicemente chiesto un accertamento in merito al possesso in capo a sé stesso dei suddetti requisiti. Ad oggi non ha avuto risposta;
– il ricorso al Tar del Lazio è stato presentato soltanto nel mese di luglio 2013 perché l’Università, nonostante la sopra citata richiesta, ha emesso il decreto di collocamento a riposo senza  mai attestare se il professore avesse o meno  i  requisiti richiesti per rimanere in servizio;
– il Tar del Lazio, a differenza di quanto riportato, nel settembre 2013 ha sospeso il provvedimento soltanto in attesa che l’Università si pronunciasse sul possesso (o meno) dei detti requisiti; la pronuncia, secondo il Tar doveva avvenire entro 45 giorni (cioè prima del collocamento a  riposo del professore previsto per il primo novembre);
– l’Università, invece di pronunciarsi nel merito dell’istanza, così come indicato dal Tar, ha presentato  ricorso al Consiglio di Stato chiedendo un provvedimento di riesame dell’ordinanza del Tar inaudita altera parte (ossia senza contraddittorio con il prof. Siciliani); provvedimento che, ovviamente, il Consiglio di Stato ha respinto.
In realtà, quindi, le domande da porsi nel caso in esame sarebbero altre:  perché l’Università dopo mesi non ritiene di dover dare una risposta (anche negativa) ad un suo stimato professore? Quali giovani si è in  procinto di assumere in sostituzione degli anziani? Perché se si vogliono mandare a casa gli “anziani”, nella delibera del 17/09 si è deciso di allargare la platea degli aventi diritto alla permanenza in servizio dopo i 70 anni di età? Sarebbe, dunque, opportuno che il dottor Pistilli trovasse le risposte a tali domande.
In ragione del suo ruolo all’interno della redazione, La invito ad attivarsi affinché venga prontamente rettificato quanto erroneamente riportato nell’articolo del 28/10/2013 e la invito ad astenersi dal pubblicare altri articoli dal contenuto palesemente erroneo riguardanti il mio cliente anche in considerazione del fatto che ad oggi è pendente un contenzioso amministrativo in attesa di definizione.

Avvocato Francesca Isgrò

Risponde il direttore
Gaetano Pedullà:

Gentile avvocato, grazie al cielo il compito dei giornali non è di attenersi dal raccontare, come lei ci chiede. Il professore che insegna dal ‘69 (!!) usi pure legittimamente tutti i cavilli di cui lei stessa ci conferma per restare attaccato al suo posto, ma non cerchi la nostra legittimazione. E meno che meno di intimidirci con minacce di querela quantomeno temerarie.