La Bonino alla Farnesina, ultima carta per i Marò

di Francesco Nardi

L’arrivo alla Farnesina di Emma Bonino ha sollevato umori contrastanti. Il web, ancora “caldo” per la corsa al Quirinale che ha visto la leader radicale inserita nella rosa dei papabili, ha accolto la notizia con significativo clamore.
Quello del nuovo ministro degli Esteri è un nome che per la sua storia personale divide e fa discutere, e anche questa volta il dibattito è stato stringente e animato.
Per i suoi sostenitori, non necessariamente solo quelli di fede radicale ortodossa, la nomina di Emma Bonino rappresenta il riconoscimento di un consenso vasto nel Paese e che Pannella ha addirittura definito come “plebiscitario” un attimo prima di litigare in diretta radiofonica con il conduttore del Zanzara, Cruciani. Plebiscitario o no, rispondono in tanti su Facebook, resta il fatto che Emma Bonino non ha raccolto risultati entusiasmanti alal prova delle urne. Battuta da una Polverini azzoppata dal caos liste nel 2010 nel Lazio, per dire dell’ultimo caso in cui è andata bene. Per non dire dei magrissimi risultati raccolti in occasione delle ultime tornate elettorali, tanto politiche quanto regionali.
Ma, ragionano in molti, la scelta della leader radicale è operata in virtù del suo nome, del suo prestigio internazionale e della sua competenza.
Dati che certo non si possono negare al già commissario europeo voluto da Berlusconi e al ministro per le Politiche comunitarie voluto da Prodi.

Paladina dei diritti
Il dibatitto in rete si è articolato prevalentemente sulla storia personale del ministro, costellata da successi e da abnegato impegno per la riendicazione dei diritti civili per quanti ne condividono l’ispirazione laica e libertaria. Per altri invece la Bonino rappresenta un modello negativo, e vi fanno riferimento come la “signora dell’aborto” dedicandole raccapriccianti banner che in queste ore fanno pessima mostra di sé sui social network.
C’è poi la questione del metodo, che pure è stato oggetto di dibattito e che ha posto in evidenza la contraddizione tra gli storici slogan radicali, per lo più agitati da Marco Pannella, e la partecipazione di Emma Bonino a un governo composto sulla base di una “strana” quanto irrinunciabile alleanza di partiti.
E’ chiaro che è difficile coniugare la partecipazione a un governo composto da quelli che l’anziano leader radicale ha sempre definito “i buoni a nulla” e “i capaci di tutto”. Così come è altrettanto complicato continuare a lamentare, come i radicali hanno fatto nel corso degli ultimi venti anni la persistenza di un “regime partitocratico” e poi profittarne aggiudicandosi uno dei ministeri di maggior peso.
Tuttavia, la trasversalità – affermano in molti – è uno dei principi che storicamente regge l’azione politica dei radicali, e in virtù di questo – spiegano – non c’è nulla di cui sorprendersi anche in quest’ultimo caso.
Resta poi l’indiscussa validità tecnica e, dicono in molti, la strategica conoscenza che la Bonino può vantare di paesi come l’India. Una carta, forse l’ultima, che può esser giocata per la salvezza dei Marò.

@coconardi