La Corte suprema brasiliana sospende l’estradizione di Cesare Battisti. E l’ex terrorista torna ad attaccare l’Italia: “È un Paese arrogante”

Luix Fux, giudice del Tribunale Supremo federale, ha bloccato l'estradizione di Cesare Battisti in Italia prima della decisione dell'Alta Corte brasiliana

Luix Fux, giudice del Tribunale Supremo federale, ha bloccato una “eventuale estradizione” di Cesare Battisti in Italia prima della decisione definitiva dell’Alta Corte brasiliana (prevista per il 24 ottobre). Il giudice ha quindi accolto l’ingiunzione in cui si chiedeva che venisse bloccata ogni eventuale mossa del governo prima della sessione della Corte Suprema per decidere sull’habeas corpus richiesto dagli avvocati dell’ex terrorista.

La decisione del giudice brasiliano è arrivata poco dopo che – in un’intervista alla Bbc – il ministro della Giustizia brasiliano Torquato Jardim ha detto che Battisti “ha rotto il patto di fiducia” con il Brasile e che la sua vicenda “è un ostacolo ai rapporti fra Brasile e Italia, e al rapporto con tutta l’Unione europea”. Esponendo quindi gli argomenti a favore della revisione della decisione presa nel 2010 dall’ex presidente Lula di negare l’estradizione, Jardim ha raccomandato al presidente brasiliano Michel Temer di aspettare la decisione del Tribunale Supremo Federale sull’habeas corpus preventivo, richiesto dalla difesa dell’ex terrorista.

Che continua a giocare all’attacco. Dopo aver definito l’Italia “un Paese arrogante”, l’ex leader dei Proletari Armati per il Comunismo (Pac) ha ribadito, rispondendo alle domande di France Presse, che un’estradizione verso l’Italia sarebbe “illegale” e lo esporrebbe a “torture o assassini”. “Sono stato minacciato molte volte dai poliziotti, dai militari, dai politici e perfino dall’ex ministro della difesa, Ignazio La Russa, dal Governo di Silvio Berlusconi“, ha detto. Battisti, 62 anni, è stato condannato in Italia in via definitiva all’ergastolo per 4 omicidi o concorso in omicidi, compiuti alla fine degli Anni ’70. Ha sempre professato la sua innocenza. Si è rifugiato per 15 anni in Francia e poi dal 2004 in Brasile.