La cultura italiana va a ruba

di Carmine Gazzanni

Agonizzante, allo stremo, con pochi fondi, e quei pochi purtroppo molte volte sono usati male. Basta leggere le prime righe del dossier stilato dal movimento ecologista europeo Fareambiente sullo stato dei beni culturali in Italia per capire che più di un qualcosa non va come dovrebbe andare. Un quadro, quello tratteggiato, dalle tinte fosche, suggellate peraltro da coincidenze quasi bibliche: lo stesso giorno (il 18 marzo) in cui veniva presentato alla Camera il dossier in cui, tra le altre cose, si legge anche che “non passa un giorno che non avvenga qualche crollo” e che “quelli più eclatanti sono di sicuro a Pompei”, la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia ha reso noto che pochi giorni prima (il 12 marzo) era stata trafugata una porzione di affresco nella Casa di Nettuno degli scavi di Pompei.

2000 opere trafugate in 2 anni
Strane coincidenze? Forse no. Il dossier, infatti, dedica un capitolo anche alle opere trafugate in Italia. I numeri sono impressionanti: solo negli ultimi due anni conteggiati (2011 e 2012) i furti sono stati 1.797 (906 nel primo anno, 891 nel secondo). I luoghi prescelti – chiarisce ancora il report – sono in primis le chiese e i luoghi di culto con un incremento rispetto al 2011 ( 424 rispetto a 366) seguiti da istituti privati e in ultimo i musei. Non stiamo peraltro nemmeno parlando di opere di poche valore. Secondo i dati forniti dal Comando patrimonio culturale dei carabinieri soltanto le opere recuperate e sequestrate hanno un valore di 157 milioni di euro.

Il paradosso italiano
“Da gennaio ad agosto 2013 – si legge nel dossier – quasi 24 milioni e mezzo di persone hanno visitato le strutture statali italiane, segnando un aumento degli ingressi pari allo 0,15% e procurando un incasso di circa 76 milioni di euro, l’8,1% in più rispetto al passato”. Un bel quadro, non c’è che dire. Peccato, però, che si faccia decisamente poco rispetto alle potenzialità che il nostro Paese offre. E, difatti, in un confronto con le altre nazioni usciamo decisamente malconci: “ancora oggi il sistema dei beni culturali italiani arranchi nel confronto con le altre nazioni dove, per merito forse della differente politica perseguita, le strutture museali e dei beni culturali in genere, siano caratterizzati da un flusso turistico più significativo”. A riprova di quanto detto, ecco i dati: nonostante l’Italia sia leader nel sistema del patrimonio culturale (circa 5mila siti tra musei, monumenti e aree archeologiche e ben 49 siti Unesco), si ritrova decisamente indietro nel mercato globale. Secondo la classifica stilata dal Global Attractions Attendance Report sui 20 musei più visitati al mondo nel 2012, si evidenzia la totale assenza di siti italiani. Basti questo raffronto: il Colosseo è stato il più visitato in Italia con 5,2 milioni di persone; il Louvre, primo nella classifica del GAAR, ha registrato quasi il doppio delle entrate (9,8 milioni). E allora ecco il risultato: a fronte dei 76 milioni di euro di incasso delle strutture italiane, nelle sole casse del Louvre sono entrati ben 58 milioni.

Le ragioni del disastro
È evidente che qualcosa non torna. Innanzitutto bisogna tener presente che nel nostro Paese 204 beni culturali tra siti e musei sono gratuiti e nei 219 a pagamento ben 8,7 milioni di persone sono entrate gratis (perché inseriti nelle categorie speciali). Alla gratuità dei musei, allora, dovrebbe far fronte lo Stato che però latita. Negli anni, infatti, il bilancio del MIBAC, ora retto dal ministro Dario Franceschini, è stato ridotto passando dai 2,7 miliardi di euro del 2001 (lo 0,37% del bilancio dello Stato) a 1,5 miliardi previsti per il 2013 (appena lo 0,2%). Un nulla a cui, peraltro, si aggiunge un ulteriore taglio: anche la programmazione straordinaria finanziata con gli introiti del Lotto è passata da 60,9 milioni del 2010 a 29,4 nel 2013. Per la cultura sempre sempre meno.