La Germania ordinò, l’Italia si adeguò. Tria rivela: “Sul bail-in Saccomanni fu ricattato. Erano tutti contrari, ma Schäuble lo minacciò di diffondere la notizia che le nostre banche erano prossime al fallimento”

L'allora ministro del Governo Letta, Fabrizio Saccomanni, fu letteralmente ricattato dal suo omologo tedesco

Una notizia che ha inevitabilmente creato un vero e proprio terremoto. Politico, finanziario, istituzionale. Al momento dell’introduzione del bail-in, la normativa che impone di gestire la risoluzione delle banche in crisi senza far gravare i costi dei salvataggi sulle casse pubbliche ma sui correntisti e azionisti, in Italia “erano tutti contrari, anche la Banca d’Italia in modo discreto si oppose. Il ministro di allora era Fabrizio Saccomanni che fu praticamente ricattato dal ministro delle Finanze tedesco”, all’epoca Wolfgang Schäuble, con la minaccia che se l’Italia non avesse accettato il nuovo sistema “si sarebbe diffusa la notizia che il nostro sistema bancario era prossimo al fallimento“. A sganciare questa vera e propria bomba è stato il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, rispondendo alle domande della commissione Finanze del Senato.

Il tema dell’audizione era la revisione del Sistema europeo di vigilanza finanziaria (Sevif) e antiriciclaggio, oggetto della riunione del Consiglio dell’Unione europea sui temi dell’economia e finanza (Ecofin) del 12 febbraio. Una revisione che secondo il ministro dell’Economia Giovanni Tria difficilmente sarà portata a termine entro la fine della legislatura Ue. In Commissione finanze al Senato, il responsabile del dicastero di via XX Settembre però ha parlato di molto altro. Sollecitato dalle domande dei senatori, Tria ha fatto una rivelazione “storica”. Il ministro ha spiegato di aver letto alcune dichiarazioni dell’ex ministro dell’Economia al riguardo e di condividere sul bail in “l’opinione di Patuelli”, il presidente dell’Abi che ha definito la norma desueta, chiedendone l’abrogazione.

“Condivido il fatto che dovrebbe essere abolito“, ha sottolineato il ministro, ma “non prevedo che in tempi brevi possa essere abolito o che ci sia una convergenza tale che si possa arrivare, almeno per ora e non so se in futuro, all’abolizione”, ha precisato. Ma è qui che Tria ha aggiunto un dettaglio che non poteva passare inosservato: “Credo che quando fu introdotto fossero quasi tutti contrari, da quello che so anche la Banca d’Italia si oppose in modo discreto a questo bail-in. Dalle notizie che si hanno, l’allora ministro Saccomanni fu praticamente ricattato dal ministro delle Finanze tedesco sul fatto che se l’Italia non accettava si sarebbe diffusa la notizia che non accettavamo perché avevamo il sistema bancario prossimo al fallimento”.

Una vera e propria bomba, come detto, che ha portato a reazioni a catena tra le stesse istituzioni. A poco è servita la nota, diffusa in serata da Via XX Settembre, secondo cui quella di Tria sarebbe stata solo “un’espressione evocativa ma infelice”e, dunque, il ministro “non intendeva certamente lanciare un’accusa specifica né alla Germania né al ministro delle Finanze tedesco dell’epoca”.

Nel frattempo, anche al di là dell’affondo, la patata bollente del bail-in resta. Restando sulle conseguenze delle nuove norme, Tria ha parlato del ritardo nel varo del decreto sui rimborsi ai risparmiatori “azzerati” dai crac bancari degli ultimi anni. “Nella formulazione originaria” presentata dal Governo, ha rimarcato, “i risparmiatori sarebbero già nella fase in cui vengono pagati”. Invece le modifiche approvate dal Parlamento, “che hanno creato una serie di interrogativi sul rispetto delle norme comunitarie, hanno provocato qualche ritardo”.

Dall’Europa è arrivata “una richiesta di informazioni su una serie di punti, a cui abbiamo preparato una risposta in difesa della legge, con un’interpretazione che consenta di non violare le norme comunitarie”. Secondo le normative Ue, l’accertamento di una vendita fraudolenta deve essere operato da un tribunale o da un arbitrato indipendente, ma la legge di Bilancio non lo prevede, concedendo invece ai risparmiatori la possibilità di fare una semplice richiesta al Mef, che poi invierebbe la domanda a una commissione giudicante. Per evitare una sanzione da Bruxelles, il Mef ha deciso di rinviare il via libera al decreto.