La grande fuga dei padri fondatori del Partito democratico. Dei 45 componenti ne sono rimasti solo la metà

Dal 2007 ad oggi quel poster fondativo del Partito democratico, composto da 45 volti, si è trasformato in un puzzle sgretolato

Quella foto del Comitato 14 ottobre è ormai uno sbiadito ricordo. Dal 2007 ad oggi quel poster fondativo del Partito democratico, composto da 45 volti, si è trasformato in un puzzle sgretolato. Con alcuni pezzi ormai introvabili. Perché, tirando le somme, dei 45 fondatori del Pd ne sono rimasti, si e no, la metà e pochi con ruoli di primo piano. C’è chi è andato via sbattendo la porta ritenendo tradita la mission che ha portato alla luce il partito ormai dieci anni fa. Ma c’è anche chi è stato messo all’angolo, isolato.

Addio e veleni – L’elenco dei desaparecidos è lungo. Lunghissimo. Come dimenticare l’addio al veleno di Sergio Cofferati nel 2015. L’ex sindaco di Bologna denunciò presunti brogli alle primarie per le regionali in Liguria (vinte da Raffaella Paita proprio su Cofferati). Una vicenda archiviata in fretta e furia dalla segreteria tanto da provocare l’ira di Cofferati che decise di abbandonare il partito. Le defezioni dal Comitato fondatore, però, cominciarono ancor prima che il Pd vedesse la luce. È questo il caso di Lamberto Dini, componente del comitato costitutivo, prima della folgorazione sulla via di Arcore che contribuì alla caduta del governo Prodi. Altro passaggio chiave nel 2009. Fu allora che Francesco Rutelli decise di dar vita all’Api (Alleanza per l’Italia), trascinando con sé anche qualche altro dei 45 fondatori. Come Vilma Mazzocco e Linda Lanzillotta. Quest’ultima, però, merita una menzione speciale. Perché prima decise di migrare nell’Api, poi in Scelta Civica, con cui venne eletta nel 2013. Chiudendo, infine, il cerchio con il ritorno a casa Dem nel febbraio 2015. Percorso travagliato anche per l’ex governatore della Calabria Agazio Loiero che, dopo non aver rinnovato la tessera nel 2011, è tornato alla casa madre. Nel 2010, invece, l’addio dell’allora onorevole Luciana Sbarbati che ritenne gravissimo l’isolamento della componente laica come le forze socialiste e repubblicane da parte degli ex Ds. L’anno 2013 è stato quello dei saluti per Marco Follini a causa di quella che ritenne “una crisi strategica e identitaria” del Partito democratico. Nel corso degli anni ha mollato pure Mario Barbi, tra i fedelissimi di Romano Prodi. Anche il Professore dal 2013 ha deciso di non rinnovare la tessera. Tra i 45 padri fondatori del 2007 c’era poi il pensionato d’oro Giuliano Amato prima dell’addio alla politica. Oltre a esponenti politici tra i fondatori c’erano anche esponenti della società civile scelti all’epoca dai due partiti, Ds e Margherita, che stavano per fondersi. Tra questi il fondatore di Slow Food Carlo Petrini, l’economista Marcello De Cecco (deceduto) e Paola Caporossi. “Eravamo in 45 tra i fondatori del Pd, ma nel giorno dell’arresto gli altri 44 sparirono”. Parole e musica di Ottaviano Del Turco che venne immediatamente scaricato dal suo partito, molto prima della successiva condanna per il processo Sanitopoli nell’Abruzzo che governava. Tra gli azzoppati dalla magistratura anche Renato Soru. Una decina i superstiti che oggi ricoprono ancora ruoli di primo piano in Parlamento. Tra questi il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Ma anche Dario Franceschini, Anna Finocchiaro, Enrico Morando e qualche altro parlamentare. Senza dimenticare che tra i 45 padri fondatori c’erano anche quei Bersani e D’Alema oggi in odore d’addio. A chiudere il quadro un’altra piccola flotta di padri fondatori ormai lontani dalla politica attiva. Trombati alle urne o alle primarie come Bassolino, o pensionati come Rosa Russo Iervolino.