La grande fuga di capitali. Boom di investimenti italiani in aziende con sede all’estero. Oltre 30 mila le nostre imprese lontane dall’Italia

Il valore dello stock di investimenti italiani in aziende con sede all’estero ha toccato nel 2014 quota 547,6 miliardi di euro, riguardando 30.351 imprese italiane con un fatturato complessivo di oltre 560 miliardi di euro, che danno lavoro a oltre 1,5 milioni di dipendenti (dati 2013). Lo rivela una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro realizzata su elaborazione di dati Bankitalia e Istat.

FUGGI FUGGI DAL BELPAESE
Preoccupano, e non poco, le recenti acquisizioni di Pirelli da parte di China National Chemical Corporation e di ItalCementi venduta al gruppo tedesco Heidelberg Cement. Per carità, ben vengano investitori nel Belpaese, ma allo stesso tempo occorrerebbe non sottovalutare il fenomeno inverso e cioè gli investimenti italiani che fanno rotta sempre più sull’estero: il 52% nei Paesi dell’UE-27, un 10% in altri Paesi europei, un altro 19% tra Nord America (11%) e Sud America (8%).L’analisi del Centro studi ImpresaLavoro evidenzia che d
agli anni Novanta il flusso in uscita dalle aziende italiane verso l’estero è sempre stato superiore al flusso in entrata: le nostre imprese hanno cioè investito le proprie risorse per acquisire il controllo (parziale o totale) di aziende straniere in misura maggiore di quanto abbiano fatto le imprese estere nel nostro Paese. Dopo un allineamento registrato a inizio secolo, con l’inizio della crisi (2008) la situazione è migliorata dal punto di vista delle imprese italiane che fanno “shopping” all’estero: mentre il flusso in entrata si stabilizzava rispetto al PIL (che ricordiamo è sceso dal 2008 al 2014), il flusso in uscita cresceva in termini di PIL del 10% circa.

INVESTIMENTI AL DETTAGLIO
Per quanto riguarda gli investimenti dal 1995 al 2010 emerge che il peso del settore manifatturiero sia sceso dal 29,7% al 18,1% per lasciare maggior spazio agli investimenti nel settore dei servizi e costruzioni (passati dal 64,8% all’81,4%), con particolare interesse verso i servizi finanziari e assicurativi, che nel 2010 rappresentavano il 54,3% dell’intero stock di IDE (Gli IDE quantificano l’investimento di un’azienda con base nel Paese A verso un’azienda collocata nel Paese B e si possono distinguere in due diverse tipologie: l’acquisizione di quote azionarie di un’impresa oppure un processo di acquisizione o fusione fra due imprese). Infine, la forbice fra gli stock di IDE in uscita e in entrata nel nostro Paese è aumentata considerevolmente dal 2005 a oggi, passando da un valore positivo di circa 6 miliardi a uno addirittura di 143 miliardi di euro.