Una nuova cortina di ferro

Di Marcello Di Napoli

Non c’è alcuna distensione in arrivo sul fronte ucraino. La Russia ha accusato la Nato di “esasperare le tensioni”, con il progetto di schierare nuove truppe nell’Est Europa e ha fatto sapere che agirà di conseguenza. L’Alleanza ha inoltre iniziato l’operazione “Steadfast Javelin II’: un’esercitazione su larga scala con centinaia di militari di nove tra Polonia, Germania e Paesi baltici destinata a durare fino a lunedì 8 settembre. L’obiettivo? Rassicurare i Paesi dell’Europa orientale.

Le accuse
Intanto l’Alto rappresentante per gli affari esteri Ue, Federica Mogherini, ha affermato che è “colpa di Mosca se non esiste più un partenariato strategico” e ha anticipato l’arrivo di ulteriori sanzioni. E mentre proprio la Mogherini ha annunciato l’arrivo di nuove sanzioni contro Mosca invocando una soluzione pacifica del conflitto, la Russia ha già fatto sapere di voler adattare la sua dottrina militare tenendo presente il comparire di nuove minacce e in particolare il rafforzamento della Nato alle sue frontiere. E sul tema si è espresso anche il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov : “La proposta di rinunciare allo status di neutralità da parte dell’Ucraina dimostra che il “partito della guerra” a Kiev cerca di minare l’iniziativa di pace di cui si è parlato tra l’altro all’incontro di Minsk”, ha detto il prudente capo della diplomazia russa accusando, però, l’Occidente: “purtroppo da parte di Washington, di alcune capitali europee, di Bruxelles, della Nato, si tenta di incoraggiare il “partito della guerra” a Kiev”.

La diplomazia
Non sono mancate le dichiarazioni del segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, il quale ha lanciato un avvertimento ai 28 capi di Stato dell’ Alleanza atlantica che devono adottare al summit di giovedì e venerdì un piano di reazione in risposta all’intervento russo nella crisi ucraina. “Non c’è una soluzione militare” alla crisi in Ucraina, “un dialogo politico per una soluzione politica è il cammino più sicuro”. Per risolvere il conflitto le proposte dei ribelli appaiono difficilmente accettabili per Kiev. Infatti sono pronti a restare nel Paese in cambio di uno status speciale per le loro regioni, che consenta loro di gestire la sicurezza, di nominare i magistrati e di svolgere attività economica con una maggiore integrazione con la Russia e l’Unione doganale. Oltre ad una amnistia generalizzata.

Lo strappo finale
Richieste che sembrano prefigurare lo strappo finale, quello che secondo alcuni analisti russi sta perseguendo il Cremlino dopo il rifiuto di Kiev di trattare sul federalismo. In caso di fallimento dei negoziati, sempre secondo gli esperti russi, Mosca potrebbe appoggiare la nascita di uno stato cuscinetto, come ha già fatto in Georgia con l’Ossezia del sud e l’Abkhazia, e in Moldova con la Transnistria. Con l’obiettivo di mettere il bastone tra le ruote all’integrazione europea di Kiev e, soprattutto, alla sua adesione alla Nato.