La ‘Ndrangheta uccise Scopelliti per favorire l’intesa Stato-mafia. La Procura di Reggio riapre ufficialmente il caso. Ecco perchè non fu Cosa Nostra a far fuori il pm

di Nerina Gatti

“Il giudice è quindi solo, solo con le menzogne cui ha creduto, le verità che gli sono sfuggite”. Queste sono le parole del giudice Antonino Scopelliti, ucciso il 9 agosto 1991 a Campo Calabro. Il suo omicidio potrebbe essere il primo tentativo di Cosa Nostra di “dialogare” con lo Stato, o forse le indagini che sta facendo Reggio Calabria ci riveleranno un’altra storia? Un anno fa circa, il pm della Dda reggina, Giuseppe Lombardo, nell’ambito del processo Meta, che sta squarciando il velo tra i legami delle potenti cosche di ‘ndrangheta con politici e massoneria deviata, fece acquisire la testimonianza del pentito Antonino Fiume, che confermò che i killer del giudice Scopelliti erano uomini del potente boss di Reggio Calabria, Peppe De Stefano. Questo fece pensare ad una riapertura dell’indagine sull’assassinio del giudice. Ora abbiamo la conferma ufficiale, dal nuovo procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho: un pool di inquirenti sta indagando, con nuovi occhi e nuove informazioni, sul misterioso omicidio.
Contattato telefonicamente il neo procuratore afferma: “Come tutte le indagini, va valutato in un quadro molto più complesso e ampio che bisogna mettere insieme per ricostruire una serie di episodi che non riguardano solo l’omicidio Scopelliti ma anche altri eventi”. Non vuole protagonismi de Raho e aggiunge: “l’ufficio sta lavorando”. Di risultati nella sua carriera de Raho ne ha già raggiunti parecchi, gli enormi successi nel contrasto ai Casalesi e al sistema di collusioni che gravitava loro attorno. Ma come dice il neo procuratore: “Adesso i risultati bisogna darli qui”.

I due tronconi del processo
Per l’omicidio Scopelliti furono istruiti due processi dai pm reggini, il primo troncone contro Totò Riina e altri padrini, un secondo contro Bernardo Provenzano e altri appartenenti alla commissione regionale di Cosa Nostra. Ma ecco che rispunta sulle sponde calabresi Zu Binnu, e sorpresa, ecco anche Alberto Cisterna, l’ex numero due della DNA la cui carriera è stata stoppata dalle indagini della procura reggina, all’epoca guidata da Giuseppe Pignatone, sulla scorta delle dichiarazioni del pentito Lo Giudice che ora è sparito e ha ritrattato. Ricordiamo che le accuse di Lo Giudice non ebbero mai riscontri e l’indagine fu archiviata. Ma ritornando a Cisterna, egli era il giovane giudice che rinviò a giudizio Riina e gli altri per l’omicidio Scopelliti. Un processo istruito dai pm di Reggio Calabria, che vedeva come esecutori materiali due killer della cosca De Stefano, che in questo caso avrebbe fatto un “favore” ai boss di Cosa Nostra, che sarebbe stati i mandanti. Mentre per i killer il procedimento fu archiviato, Cisterna rinviò a giudizio i mandanti che furoni condannati in primo grado ma assolti in appello.

La nuova pista
E se fosse che per l’omicidio Scopelliti Cosa Nostra veramente non c’entrasse? È forse questo il motivo per cui sono ripartite le indagini a Reggio Calabria? A trarre vantaggio da una condanna definitiva della Cupola e quindi dall’inizio delle stragi e della guerra tra Stato e Cosa Nostra c’è sicuramente la ‘Ndrangheta. Dopo che l’attenzione investigativa fu puntata tutta sulla mafia siciliana, e che la stessa mafia si concentrò quasi esclusivamente sulla guerra contro lo Stato, Cosa Nostra perse la predominanza negli affari, la credibilità di fronte agli altri interlocutori criminali con il moltiplicarsi dei pentiti e soprattutto perse parte dell’interfaccia coi politici.
La ‘Ndrangheta non seguì la strategia stragista di Cosa Nostra, ma l’avrebbe invece appoggiata nei piani secessionisti e di sovvertimento dello ordine costituzionale e politico dell’epoca con la nascita di una nuova classe politica di riferimento. A riprova di questa tesi c’è l’indagine, per troppo tempo dimenticata, di Roberto Scarpinato “Sistemi Criminali” nella quale il pm palermitano, ora procuratore generale, ricostruiva i legami e gli intenti comuni della massoneria deviata, di Cosa Nostra, dell’eversione di destra, e di uomini che rappresentavano gli interessi della ‘Ndrangheta: essi volevano una secessione del sud e la frattura del paese. Proprio in quegli anni si crearono nuovi soggetti politici come le varie leghe meridionali e la Lega Nord. Ultimamente la stessa Procura di Reggio Calabria, sulla scorta di indagini della DIA del 1994, ha aperto il filone reggino sugli affari della Lega Nord, del suo ex tesoriere Belsito con imprenditori legati a boss delle cosca De Stefano Affari tra imprenditori che vedono come punto di raccordo l’ex terrorista dei NAR Lino Guaglianone, proprietario dell studio MGiM a Milano, e il sedicente avvocato calabrese Bruno Mafrici, Belsito ora sta iniziando a collaborando con gli inquirenti. Staremo a vedere.