La nuova Ue

di Gaetano Pedullà

La nuova Europa sarà come la vecchia. A parole una comunità. Nei fatti una colonia di quella Germania che continuerà a imporre una sbagliatissima politica del rigore sui conti pubblici e sulla moneta. Vedremo presto cosa ci farà il nuovo presidente della Commissione Ue, Jeane Claude Juncker, dei generici impegni a concedere più flessibilità ai Paesi che vareranno le riforme. La scelta di un soldatino della Merkel, un grigio guardiano della spesa, apre un nuovo capitolo di un brutto libro che sfogliamo da tempo. Di fronte a una crisi economica epocale, l’Europa che ha vinto ieri ha saputo rispondere solo con misure ordinarie. Un approccio fallimentare, i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti. Questa era dunque l’occasione per cambiare decisamente passo. Ha vinto invece un modello burocratico e soprattutto lo strapotere economico di una Germania che oggi può considerare ancora di più il resto del continente un suo dominio. Solo la Gran Bretagna, non a caso il Paese più euroscettico, ha provato a tenere testa fino all’ultimo (insieme all’indebitatissima Ungheria) a una visione tanto ingessata dell’Unione. Gli inglesi d’altronde, solo per il fatto di stare al centro di quel sistema economico-finanziario anglosassone che domina da New York a Sidney, sanno bene che abbiamo mancato la ripresa mondiale per le imposizioni di Bruxelles e Francoforte. Mentre il mondo puntava su politiche espansive, qui stavamo a tagliare gli investimenti per non farci strangolare dallo spread sul nostro debito manovrato da Berlino. Il più grande furto di risorse economiche della storia, di fronte al quale ieri ci siamo inchinati ancora una volta.