La Sea Watch 3 e l’inutile monito di Bruxelles. Così la Commissione Ue si lava la coscienza: “Prioritario salvare le persone”. Ma poi non fa nulla per obbligare i Paesi a collaborare

L'Italia, come al solito, è stata lasciata sola a gestire il caso della nave Sea Watch 3

La politica, si sa, è fatta di annunci, di proclami, di dichiarazioni. E spesso queste parole lasciano il tempo che trovano. Per un motivo o per un altro, non hanno seguito nel concreto. Succede. Fa parte del gioco. Ci sono, però, dei temi sui quali la facile retorica non solo è inutile, ma risulta anche tremendamente offensiva. Ed è, questo, il caso delle parole pronunciate ieri dalla Commissione europea presieduta (ancora per pochi mesi da Jean-Claude Juncker).

La nuova vicenda di migranti soccorsi in mare dalla nave Sea Watch 3 nel Mediterraneo centrale e in attesa del permesso di sbarco è “seguita da vicino” dalla Commissione Europea, che “è in contatto con gli Stati membri”, ha fatto sapere il portavoce capo della Commissione Margaritis Schinas, durante il briefing di mezzogiorno dell’Esecutivo comunitario a Bruxelles. Ma non è finita qui: “La nostra posizione è chiara – ha detto ancora Schinas – la sicurezza delle persone a bordo deve essere la nostra prima preoccupazione e la nostra priorità”.

Parole importanti. E, soprattutto, condivisibili. Ci si sarebbe aspettati, allora, un intervento di peso, quasi autoritario per chiamare i Paesi membri alle loro responsabilità. Specie considerando che Schinas ha ribadito che “ciò di cui c’è urgente bisogno nel Mediterraneo sono degli accordi prevedibili per far sì che gli sbarchi possano avvenire in sicurezza”. Esattamente – per dire – come stabilito lo scorso luglio dai capi di Stato e di governo riuniti al Consiglio europeo che avevano sottoscritto un accordo (ovviamente formale) per condividere le politiche d’accoglienza. E invece? E invece l’Italia, come al solito, è stata lasciata sola. Da Paesi che criticano, chiedono maggiore umanità (giustamente) salvo poi ritirarsi quando questa umanità dovrebbe essere a carico loro.

Nel frattempo, però, accanto ai continui attacchi (come quello del Consiglio d’Europa di ieri, secondo cui i politici italiani inciterebbero all’odio), ci sono gli atti concreti. Che danno ragione alle politiche di questo Governo. Ed è il caso della relazione speciale della Corte dei Conti europea che ha sottolineato come manchi trasparenza nell’esecuzione dei fondi Ue da parte delle Ong. Insomma, manca trasparenza nei fondi che arrivano proprio dall’Europa alle Ong.

Un vulnus che si accompagna ad un altro: “l’assegnazione dello status di Ong nel sistema contabile della Commissione è basata su autodichiarazioni e le verifiche della Commissione in merito sono limitate”, dichiara la delegazione del Movimento 5 Stelle Europa, che poi precisa: “Il nostro obiettivo non è mai stato quello di bloccare i finanziamenti alle organizzazioni che lavorano nella legalità, al contrario ci battiamo affinché i fondi siano assegnati a enti meritevoli di rispetto e sostegno”. Purché il tutto avvenga in maniera trasparente.