La sentenza shock sui veleni della discarica di Bussi. Pressioni sui giudici popolari per l’assoluzione: “Ci dissero di non condannare”. E ora il Csm vuole vederci chiaro

La sentenza che non ha prodotto colpevoli per l’inquinamento mastodontico causato dalla discarica di Bussi sul Tirino (Pescara) non sarebbe arrivata in condizioni serene da parte dei giudici popolari. E’ quello che emerge dallo scoop tirato fuori dal Fatto Quotidiano secondo cui due dei giudici popolari non avrebbero nemmeno letto gli atti del processo. Tanto che oggi il Csm ha deciso di aprire un fascicolo per fare chiarezza su quanto accaduto.

Una delle due giudici, donne a quanto pare, infatti ha affermato: “Non ero serena quando hanno emesso la sentenza”. La seconda, invece, è una testimonianza ancora più disarmante: “Soprattutto nelle sue motivazioni, proprio non mi riconosco nella sentenza”. Le due intervistate hanno anche spiegato al quotidiano diretto da Marco Travaglio che durante una cena il giudice Romandini avrebbe spiegato loro che “se avessimo condannato per dolo, se poi (gli imputati ndr) si fossero appellati e avessero vinto la causa, avrebbero potuto citarci personalmente chiedendoci i danni e avremmo rischiato di perdere tutto quello che avevamo”. Testimonianza che le due giudici sarebbero pronte a rendere anche davanti ai giudici.

Durissime le reazioni con il sindaco di Bussi che chiede di riaprire il processo. La procura di Pescara aveva chiesto la condanna dei 19 imputati per avvelenamento doloso delle acque e inquinamento doloso. La sentenza della Corte D’Assise ha invece assolto tutti dal primo reato perché il fatto non sussiste e derubricato il secondo a colposo, cosa che ha comportato una riduzione della pena a 5 anni poi prescritta per tutti. E proprio sulla derubricazione del reato da doloso a colposo, che ha fatto scattare la prescrizione, resta più di qualche dubbio visto che la decisione non sarebbe avvenuta all’unanimità.