La Siae piange miseria ma Guardì fa soldi a palate. Grazie agli stacchetti tv il regista è in testa alla classifica dei paperoni. Precede Vasco Rossi, Mogol, Ligabue e Morricone

di Marcello Villella

Nella classifica dei Paperoni della Siae Michele Guardì, l’autore-regista Rai, è saldamente al primo posto, distanziando Vasco Rossi, Mogol, Ligabue, Migliacci e tanti altri.
“I compensi del diritto d’autore non sono frutto di vincite al superenalotto, ma della composizione di opere dell’ingegno e della creatività di artisti straordinari che hanno contribuito e continuano a contribuire alla creazione del tessuto culturale del nostro Paese e a tenerne alto il nome a livello internazionale”. È il testo di una lettera al Corriere della Sera di Gaetano Blandini, direttore generale della Siae, che calza a pennello con il fatto che Michele Guardì sia il Paperone della Siae. E non perché tali introiti siano illegittimi o non dovuti, ma semplicemente perché se in cima alla lista di coloro che hanno con la loro creatività artistica modellato culturalmente il nostro paese troviamo il regista tv e non – come tutti noi avremmo istintivamente indicato – Lucio Battisti, Mogol, Franco Migliacci, Ennio Morricone, Gino Paoli, Vasco Rossi o tanti altri, bisogna prendere atto della fotografia del paese che ne viene fuori. Per la precisione Guardì è saldamente al primo posto dei Paperoni Siae con introiti per quasi 2 milioni di euro l’anno e guida una Top 5 in cui troviamo Vasco Rossi e Ligabue (entrambi con 1,6 milioni l’anno), Zucchero (1,1 milioni) e il maestro Ennio Morricone (circa 1 milione l’anno). Giulio Rapetti, in arte Mogol, autore di tutti i successi di Lucio Battisti di tantissimi altri, riceve solo 700.000 euro annui, Gino Paoli 400.000, Nicola Piovani stenta a raggiungere i 300.000 euro. Guardì è rimasto l’ultimo grande latifondista della televisione italiana (espressione coniata da Gualtiero Peirce già critico televisivo de La Repubblica ed oggi apprezzato autore teatrale e televisivo). La sua grande intuizione è stata quella di trasferire e ricostruire in tv la piazza del suo paese natale, Casteltermini provincia di Agrigento, e i suoi programmi spaziano senza problemi fra Rai2 e Rai1. Lui è un instancabile lavoratore: fa di tutto, l’autore, il regista, anche la voce fuori campo e cura tutto con meticolosa attenzione. Gavetta fatta con Marcello Marchesi e Antonello Falqui, come lui stesso ama ricordare, Guardì è stato il papà di tantissimi programmi di successo negli anni ’80 e di fortunati contenitori televisivi, come UnoMattina, ancora in onda e in buona salute. Certo c’è stata molta generosità e complicità da parte di tanti dirigenti Rai nel catalogare sempre come varietà i suoi programmi (cosa che gli ha sempre permesso di ricevere un alta quota di diritti Siae), mentre tantissimi altri prodotti (anche più varietà dei suoi) venivano e vengono liquidati come contenitori, ma è indubbio che i dati Siae restano insindacabili e ci permettono finalmente di poter rispondere al quesito di una canzone di Raffaele Riefoli (in arte Raf, tanti successi ma molto giù nelle tabelle Siae), dal titolo “Cosa resterà degli anni ‘80”. Certamente è rimasta la tv di Michele Guardì. Molto più di mille canzoni. Facciamocene tutti una ragione.