La voluntary disclosure è applicata da anni in mezzo mondo. Ma in Italia viene definita come un condono

Vietato definirla un condono. La voluntary disclosure-bis annunciata dal Governo è l’opportunità di regolarizzare il possesso di denaro contante.

Vietato definirla un condono. Così com’è vietato metterla a confronto con lo scudo fiscale di Berlusconi e Tremonti. La voluntary disclosure-bis annunciata dal Governo è l’opportunità di regolarizzare il possesso di denaro contante e i versamenti bancari che non possono essere giustificati come reddito. Ovviamente non gratuitamente, visto che sugli importi dichiarati al Fisco sarà applicata una quota forfettaria del 35%, con un gettito previsto di due miliardi per le casse dello Stato. Un regalo agli evasori secondo le opposizioni e alla malavita secondo qualche magistrato che teme giustamente la possibilità di ripulire con questo meccanismo i proventi di attività illecite.

COSÌ FAN TUTTI
Sanatorie come la nostra nuova voluntary disclosure sono però applicate in 39 Paesi di mezzo mondo, tra cui Stati Uniti, Francia, Germania e Spagna. Stati dove chi utilizza il contante non è automaticamente assimilato a un criminale o a un evasore fiscale. E dove non si usa ogni pretesto per armare i cannoni della battaglia politica. Basti ricordare le bordate lanciate dalla stessa parte politica che oggi sostiene il provvedimento (il Pd) contro lo scudo fiscale introdotto nel 2009 dal Cavaliere.

STERCO DEL DIAVOLO
Sarà la nostra radice cattolica, sarà che in passato la malavita ha avuto vita facile grazie alla minore tracciabilità del contante rispetto ai bonifici o agli assegni bancari, fatto sta che da noi per molti i soldi sono qualcosa di cui quasi vergognarsi e quelli in banconota addirittura lo sterco del diavolo. Considerazioni avvalorate da dati come quello riferito di recente dal Procuratore capo di Milano, Francesco Greco, secondo cui ci sono 150 miliardi in contanti chiusi in cassette di sicurezza in Italia e all’estero. Soldi in gran parte frutto di attività illecite a sentire la magistratura, anche se questa è una supposizione non sorretta da alcun elemento di prova. Tanto si è certi, a priori, che il contante serva solo ai malfattori – e non a chi impaurito da una crisi epocale preferisce tener al riparo la propria liquidità, a costo di perderci lo zerovirgola oggi eroso dall’inflazione – che giornalisti d’inchieta come Milena Gabanelli si sono potute fare paladine di grandi campagen di stampa per l’abolizione delle banconote da 500 euro. Campagne che stanno facendo breccia ai piani alti della Bce, dove si governa la politica monetaria europea.

IL PROGETTO
In questo ambito, la voluntary disclosure firmata Pier Carlo Padoan punterà soprattutto su tre ambiti: le attività detenute nei Paesi che hanno stipulato accordi di scambio di informazioni solo di recente, la voluntary nazionale e la regolarizzazione, appunto, dei contanti. Lo scopo, accanto all’incasso immediato dell’aliquota da parte di uno Stato come al solito affamato, è quello di consentire ai possessori di contanti non dichiarati di reinvestirli nel sistema produttivo o quantomeno di farli rientrare nel sistema bancario. Per comprendere la portata del provvedimento, è possibile riprendere i dati della prima edizione della voluntary che portò al deposito di 129.565 istanze, con l’emersione di quasi 60 miliardi di euro e un gettito di 3,8 miliardi. Di quelle somme sottratte al Fisco e poi riemerse circa l’80 per cento era concentrato in soli tre Paesi: Svizzera, Principato di Monaco eLichtenstein, ossia i tre Paesi black list che hanno successivamente stipulato con l’Italia accordi che consentono lo scambio di informazioni e che per tale motivo, in sede di voluntary, sono stati trattati alla stregua dei Paesi white list. Le voluntary nazionali (cioè quelle interne) sono state invece solo 1.507, ossia l’1,16% delle istanze depositate nel corso della prima edizione.