Le comiche finali sulla legge elettorale. L’accordo non regge sui seggi in Trentino, la telenovela continua

La legge elettorale torna in commissione Affari costituzionali alla Camera. Dove i deputati prenderanno atto della sua morte.

La legge elettorale torna in commissione Affari costituzionali alla Camera. Dove i deputati prenderanno atto della sua morte, dando così inizio a una nuova telenovela sulla soluzione da trovare. La mina che ha fatto saltare l’accordo è stata piazzata da Micaela Biancofiore, deputata di Forza Italia, sotto forma di un emendamento sull’elezione dei seggi in Trentino Alto Adige, che di fatto cancellava i collegi maggioritari. Il voto segreto ha approvato la modifica che non era prevista dall’accordo iniziale. A quel punto è scoppiato il putiferio, anche perché il tabellone dell’Aula ha reso palese, seppure per qualche secondo, la votazione segreta. Sono bastati pochi attimi per svelare che il Movimento 5 Stelle ha sostenuto l’emendamento, come aveva preannunciato Riccardo Fraccaro. “La legge elettorale è morta”, ha sentenziato subito Emanuele Fiano, deputato dem e relatore del testo. All’unisono i parlamentari del Pd hanno tacciato i grillini di “irresponsabilità” e “inaffidabilità”. Ma i pentastellati hanno replicato: “Con questo voto è stato dimostrato che i franchi tiratori sono nel Pd perché noi abbiamo votato coerentemente i nostri emendamenti”, ha commentato il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio. E Beppe Grillo ha rincarato la dose deridendo i dem: “Dai Pd, siate sinceri. Diteci il perché. Ci sfugge un po’ questa cosa. Se ce lo dite, noi ci ritiriamo, e vi fate una leggina con lo psico-nano. Vi fate una bella leggina, democratica, meravigliosa, e fate quello che volete”. Il solito rimpallo di responsabilità del teatrino politico. La realtà è che l’emendamento è stato presentato da un esponente di Fi, votato dal M5S e parte del Pd. Solo la Lega ne è rimasta in apparenza “immune” tra i contraenti dell’accordo. Per il Pd il sistema simil tedesco è archiviato.

Le posizioni – Il passaggio in commissione è visto come un modo per constatare l’impraticabilità del testo. “Ora facciamo le amministrative e poi decidiam”, si è limitato a dire il portavoce della segreteria, Matteo Richetti. Ma il coordinatore di Largo del Nazareno, Lorenzo Guerini, ha tracciato la rotta: “Ci sono le sentenze della Consulta”. L’intenzione è di chiudere la legislatura prima possibile, tenendo conto della fragilità della maggioranza. “Mi chiedo come possa stare insieme una maggioranza di governo dove Mdp il 40% delle volte vota contro e dove i rapporti con Alternativa popolare  non sono più idilliaci”, ha osservatore il presidente dei deputati dem, Ettore Rosato. Questa volta, seppure su sponde diverse, i 5 Stelle la pensano alla stessa maniera: “Ora ci sono solo le urne”, ha sentenziato Di Maio. E al voto si andrebbe con quel che c’è, ossia il Consultellum. Pure dalla Lega c’è una presa di posizione netta: “Finisca questa farsa. È evidente che questo Parlamento non ha la maggioranza per fare una legge elettorale. L’unica maggioranza uscita dal voto di oggi è quella del vitalizio”, ha attaccato il capogruppo del Carroccio a Montecitorio, Massimiliano Fedriga. Silvio Berlusconi, invece, è l’unico a lanciare l’appello per riallacciare il discorso, appellandosi soprattutto al Pd: “La legge in votazione alla Camera è una soluzione di responsabile equilibrio che tiene conto del fatto che le leggi sulle regole devono ottenere la massima condivisione possibile”, ha ribadito leader di Forza Italia.  Una predica nel deserto.