Le Province non mollano. Partito l’assalto ai tagli

di Angelo Perfetti

La grande capacita della politica di unirsi per un ideale comune riesce a diventare evidente quando si parla… di soldi. Lo abbiamo visto al momento di decurtare gli stipendi dei parlamentari, lo abbiamo registrato quando si è trattato di parlare del finanziamento pubblico ai partiti, lo ritroviamo oggi nel momento in cui si discute dell’eliminazione delle Province. Non è solo una questione meramente economica, ma di opportunità, di condivisione dei sacrifici del Paese. Eppure una parte della politica sta facendo di tutto per scongiurare la chiusura reale delle Province, che vorrebbe dire – per come lo vede la gente – meno posti di potere da gestire. Ci si è affidati persino ad una nuova informata di saggi, stavolta sotto forma di 44 professori universitari di Diritto costituzionale, per spiegare che la legge non consentirebbe l’eliminazione tout court delle Province, che c’è bisogno di passaggi formali. “Il sovrapporsi disordinato di provvedimenti di ‘riforma’ del sistema delle autonomie locali – sul destino delle Province, sull’istituzione delle Città metropolitane, sulla riduzione della frammentazione territoriale dei Comuni – lascia disorientati, sia quanto al merito delle politiche di riorganizzazione tentate, sia quanto alla loro legittimità costituzionale”, scrivono in un appello 44 costituzionalisti, tra cui Valerio Onida, in relazione al ddl  Delrio, rivolto “a chi ha responsabilità politiche”. ”Siamo consapevoli che una radicata campagna di opinione vede con sospetto ogni ipotesi che venga rappresentata come di ‘conservazione’ dell’esistente”, sottolineano i costituzionalisti nell’appello, “ma non possiamo sottrarci al dovere, scientifico prima che morale, di richiamare tutte le forze politiche e la società civile, le imprese, le forze intellettuali del nostro Paese ad una riflessione attenta e condivisa”.  Quanto al destino delle province, evidenziano i 44 costituzionalisti, “oltre a ricordare che la Corte costituzionale ha dichiarato la incostituzionalità (con la sentenza n. 220/13) dei confusi e contraddittori provvedimenti degli ultimi governi, perché approvati con atti di urgenza (dl), riteniamo che non si possa comunque con legge ordinaria sopprimere le funzioni di area vasta delle Province e attribuirle a Regioni e Comuni, né trasformare gli organi di governo da direttamente a indirettamente elettivi, né rivedere con una legge generale gli ambiti territoriali di tutte le Province”. Insomma, a dare ascolto ai saggi costituzionalisti le province per ora non devono essere toccate. E giù a sciorinare norme, regolamenti, leggi, tutto il repertorio di quella odiosa burocrazia che in Italia da sempre è il mostro a tre teste impossibile da sconfiggere, perché se anche ne tagli una ci sono le altre che resistono e sopravvivono fino al momento in cui miracolosamente si riforma anche la parte mozzata. Intendiamoci: non che le obiezioni dei nuovi saggi siano prive di elementi di discussione, ma risulta quantomeno curioso che certi documenti arrivino sempre in prossimità di una decisione innovativa, per conservare lo status quo. Il presidente della Provincia di Milano ha parlato addirittura di Costituzione trattata come carta straccia. Vogliamo parlare di come vengono trattati i cittadini italiani e di come al contrario decidono di trattarsi i politici nostrani?