L’esodo stavolta lo crea Israele

Di Angelo Perfetti

L’uccisione di bambini sta diventando il simbolo della guerra tra israeliani e palestinesi. La genesi dell’attuale escalation è riconducibile all’uccisione di un adolescente ebreo, seguita dall’uccisione di altri tre adolescenti palestinesi. Da quel momento le bombe e i missili non hanno fatto che inseguire bambini, straziare i loro corpi sulla spiaggia, cercarli fin dentro le case. E’ l’orrore della guerra che si fa concreto, tangibile anche a migliaia di chilometri di distanza. Impossibile restare indifferenti alla sequela di notizie sulle devastazioni che vedono minorenni come vittime predestinate. Eppure nulla si ferma, anzi i minori sono merce di scambio nella propaganda bellica, utili a demonizzare l’avversario e a sdoganare un altro grappolo di bombe da gettare sul nemico.

L’impegno europeo
E l’Unione europea? Chiacchiere, come al solito. La portavoce dell’alto rappresentante alla politica estera Catherine Ashton ci fa sapere che la Ue è “molto preoccupata dall’escalation di violenze” in Medio Oriente, giudica “inaccettabili gli attacchi indiscriminati contro i civili e l’uccisione di bambini” e chiede che si indaghi per stabilire di chi sia la responsabilità del coinvolgimento dei bambini”. La situazione in Medio Oriente sarà uno degli argomenti sull’agenda del consiglio esteri di martedì prossimo, ma non sarà così che la diplomazia fermerà le violenze.

La geopolitica
Tanto più che ancora si ragiona ancora per alleanze e geopolitica. Non a caso Netanyahu ha trovato una sponda in Berlino, dove il Cancelliere tedesco Angela Merkel ha affermato che Israele “ha il diritto di difendersi, soprattutto in un momento in cui Hamas è in possesso di armi di nuova qualità”. Barack Obama – premio Nobel per la Pace, lo ricordiamo – ha garantito o il sostegno Usa al diritto di autodifesa di Israele. Ma il presidente americano ha espresso la “preoccupazione” degli Usa e dei Paesi alleati per il rischio di una escalation di violenza a Gaza, con l’auspicio che Israele continui ad impegnarsi per ridurre il numero di vittime civili. Troppi auspici, troppe parole, pochi fatti concreti. L’unico dato di cronaca resta quello delle bombe.

I fronti interni
Dalla diplomazia internazionale, dunque, nessun vero passo verso la pace. Dal fronte interno nemmeno. Se Netanyahu ha avvertito che Israele è pronta ad ampliare significativamente l’offensiva di terra”, che, ha spiegato, è “l’unico modo per colpire i tunnel utilizzati da Hamas. Quest’ultimo non ha risparmiato critiche al leader dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas, che ha invitato il movimento islamico ad accettare la proposta egiziana per una tregua nella Striscia di Gaza e che ha sottolineato come Israele debba “fermare le sue operazioni di terra”. “L’offensiva di terra non ci fa paura”, gli ha fatto eco Sami Abu Zuhri, altro portavoce del movimento.

Un nuovo esodo
Intanto è quasi raddoppiato in un solo giorno il numero degli sfollati palestinesi in cerca di un rifugio (precario) nella Striscia di Gaza dopo l’avvio dell’offensiva di terra israeliana nell’enclave controllata da Hamas. Lo riferisce l’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi. “Il numero di persone che cercano rifugio dai combattimenti nelle strutture dell’Unrwa è aumentato da 22.000 a più di 40.000” in due giorni, ha indicato il portavoce Chris Gunness.

Nuovo appello del Papa
Per papa Francesco l’incontro di pace dell’8 giugno scorso in Vaticano con i presidenti di Israele e Palestina non deve rimanere un momento isolato. L’albero d’ulivo piantato insieme nei Giardini d’Oltretevere deve poter germogliare e dare frutti. Ed e’ in questo spirito che, nell’infuriare della crisi di Gaza, il Pontefice ha telefonato ieri a Shimon Peres e Abu Mazen, da lui considerati “uomini di pace”, per condividere con loro le sue “gravissime preoccupazioni” e lanciare un comune appello per la pace.