Letta cerca investitori esteri. Ma basta atterrare a Fiumicino per non restare

di Angelo Perfetti

Il 21 dicembre 2012 il governo Monti ha approvato il contratto di programma per Fiumicino con l’aumento delle tariffe d’imbarco (mediamente 9 euro per passeggero). Soldi necessari per pensare allo sviluppo dello scalo internazionale avendo le spalle finanziariamente coperte con circa 2,5 miliardi di euro assicurati. Il 13 agosto 2013 ci ha pensato Letta a dare il via libera alla prima fase del piano di ampliamento dello scalo: i ministri dell’Ambiente Orlando e dei Beni Culturali Bray hanno firmato il decreto di compatibilità ambientale per l’ampliamento. Per ora solo per Fiumicino sud, su terreni per lo più di Agricola Srl, una società di scopo, nata nel 2001, che possiede circa 74 ettari di terreno pianeggiante nel Comune di Fiumicino in prossimità dell’Aeroporto Leonardo Da Vinci, e riconducibile al Gruppo Paoletti. Ma questa è solo la prima fase. Poi, una volta ottenuta la Via (Valutazione d’impatto ambientale), si passerà alla zona nord, quella di Maccarese, quella – per capirci – dei terreni del Gruppo Benetton (e su questo si è aperto un durissimo fronte di battaglia con il Comune di Fiumicino targato Montino, intenzionato a non far passare il progetto del raddoppio, che però – fino a oggi – ha ottenuto l’ok bipartisan di centrodestra e centrosinistra a livello parlamentare). La crescita di passeggeri è stimata dai circa 37 milioni annui attuali a 50 milioni nel 2021 e 100 milioni nel 2044. Più passeggeri significa maggiore sviluppo, più denaro. Ma è un sillogismo che funziona solo se i servizi sono adeguati. E qual è lo stato attuale di questi servizi? Al di là delle rassicuranti dichiarazioni del gestore, che ovviamente fa il proprio mestiere, la realtà per chi vive lo scalo è un po’ diversa. E così, mentre Letta fa la questua per il mondo cercando di proporre il marchio Italia, chi arriva a Fiumicino trova una situazione da Serie B.

Le criticità
Partiamo dal… futuro: internet. L’aeroporto internazionale di Roma-Fiumicino è sprovvisto di libero accesso al web. Il servizio viene erogato tramite accesso line Boingo wireless hot spot, gratuito solo per la prima mezzora e soltanto previa immissione della propria carta di credito. Dal 31° minuto si paga, e pure salato. All’interno dell’area transito esistono solo due punti informazione, spesso non presidiati; i passeggeri per avere notizie si “sfogano” col personale delle compagnie aeree (check in e imbarchi) non qualificato a fornire notizie sul wireless.

Niente farmacie
In tutto l’aeroporto ci sono solamente due farmacie, una per il Terminal T3 partenze internazionali e una per il terminal T1 nazionali e voli Shengen. Entrambi le farmacie sono situate all’esterno della zona check-in; una volta entrati nell’area transito i passeggeri non possono acquistare alcun tipo di farmaco. E’ vero che all’interno esistono due parafarmacie, ma non forniscono alcun tipo di medicina, quindi i passeggeri in caso di emergenza sono impossibilitati a ricevere questo servizio.

Pochi sedili, troppi negozi
I sedili dedicati ai passeggeri in attesa, nella zona transito, dove trascorrono la maggior parte del tempo in attesa dell’imbarco, sono numericamente insufficienti. Considerato il massiccio afflusso di persone, specialmente nelle fasce orarie in cui si concentrano le partenze dei wide-bodies (voli per l’Oriente e Nord America) ci si trova spesso davanti a uno scenario a dir poco preoccupante: decine di persone siedono per terra, con il problema aggravato per le famiglie con bambini e per gli anziani. Il punto è che lo spazio dedicato al relax dei passeggeri, metro alla mano, è stato in gran parte sostituito dal proliferare di negozi e duty-free all’interno dell’aeroporto, ormai diventato un vero e proprio centro commerciale. E magari tutto questo si tramutasse in posti di lavoro: i duty free proprio in questi giorni stanno scontando l’ennesimo caso di esuberi, con tagli di personale fino a oggi occupato nel sedime aeroportuale.

Scale mobili rotte
E poi ancora bagni insufficienti, scale mobili per il collegamento con la stazione ferroviaria bloccate e inaccessibili ormai da mesi. E ancora i banchi accettazione, postazione principale di lavoro degli operatori check in, scarsamente illuminati, con sedie sporche, fili elettrici volanti per stampanti e computer immersi tra polvere e carte d’imbarco. Non si vede, perché ci sono i pannelli che coprono le gambe, ma i lavoratori sanno bene di cosa parliamo.

Infiltrazioni d’acqua
Terminiamo questo tunnel del disagio, se non dell’orrore, con un difettuccio per ora non visibile, ma ampiamente riscontrato lo scorso inverno: le infiltrazioni d’acqua. Quando piove, in diverse parti dello scalo si vede l’acqua scendere dal soffitto verso il pavimento; a volte il modo più rapido per contenere l’emergenza è sistemare i cestini per la carta a mo’ di secchi. Si dirà: sono degli esempi estremi, a fronte di tanti servizi che funzionano. Rispondo: quando i servizi funzionano – visto che vengono pagati – è normale amministrazione. Il problema nasce quando troppe anomalie, piccole e grandi, si accumulano. L’immagine totale che ne deriva non è certo invitante per i 37 milioni di passeggeri che arrivano oggi al Da Vinci. Ammesso che il traffico aumenti, quale biglietto da visita proporremmo ai 50, 60, 100 milioni di passeggeri?! E fino ad ora abbiamo parlato dei disservizi riscontrabili nella zona destinata al transito dei passeggeri. Volendo scendere in pista il discorso si allarga alla manutenzione dei mezzi, alle patenti e alle abilitazioni, ai rifornimenti. Ma questa è un’altra storia…

Fiumicino punta al raddoppio drogando i numeri

Negli ultimi mesi si è parlato spesso del raddoppio dell’aeroporto, intendendo con questo sia l’ipotesi di ampliamento della zona a sud di Fiumicino, prevista entro il 2020, sia quello a nord, sui terreni di proprietà della famiglia Benetton (impegnata con le proprie società anche nella gestione di aeroporti di Roma), che prevede la costruzione della quarta pista entro il 2044. Poi si è parlato dello spostamento dei voli low cost da Ciampino a Fiumicino, e anche questo ha scatenato una ridda di polemiche, incentrate per lo più sul previsto aumento esponenziale di inquinamento acustico e ambientale. Non tutti però hanno messo in correlazione le due cose, e invece sono strettamente connesse. Lo ha chiarito bene un documento del Comitato FuoriPista. La questione dei low cost è cruciale perché la possibilità per Adr di passare alla fase di realizzazione del secondo aeroporto di Fiumicino, come previsto dal DPCM del 21 dicembre 2012, sta tutta nel raggiungimento di 51 milioni di passeggeri al 2021. Condizione che è enormemente facilitata dal trasferimento dei low cost: come è illustrato dal fatto che attualmente il volume di traffico a Fiumicino è di 36,7 milioni di passeggeri/anno, di cui 5,7 milioni sono già oggi di passeggeri low cost; ciò nonostante e malgrado questo forte contributo dei low cost, nel corso di questi ultimi anni il volume di traffico a Fiumicino è diminuito. Definitivamente tramontata l’ipotesi Viterbo, per mancanza di fondi, il Ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi durante la Conferenza Stato-Regioni del 5 settembre scorso, ha annunciato il Piano aeroportuale prospettando per il Lazio il trasferimento di tutti i voli low cost a Fiumicino. In questo modo salirà giocoforza il volume di traffico e di passeggeri, i numeri giustificheranno il prosieguo del masterplan di Adr, e la quarta pista, con annesso esproprio oneroso dei terreni di Benetton sarà compiuto. Un’ipotesi respinta con forza dal Comune di Fiumicino e dalle forze politiche che lo sostengono che proprio ieri hanno ribadito il no pregiudiziale a qualunque ampliamento a nord, lasciando aperta solo l’ipotesi sud. Intanto però da gennaio 2014 partiranno le procedure di esproprio (che termineranno nel 2019) per immobili, terreni e aziende situati all’interno dei 1300 ettari interessati al raddoppio dell’aeroporto. Cioè gli espropri inizieranno prima della verifica della “conditio sine qua non” dei 51 milioni di passeggeri/anno necessari per giustificare l’opera.