Libertà di stampa a parole. La legge è ferma in Parlamento. Nel pantano la riforma del reato di diffamazione. Gli onorevoli preferiscono minacciare querela

di Stefano Iannaccone

Al Parlamento sta talmente a cuore l’informazione che da nove mesi ignora il disegno di legge sulla diffamazione. Anzi peggio. Il provvedimento è stato depositato nel 2013, ormai tre anni fa per evitare situazioni imbarazzanti, come la classifica sulla libertà di stampa internazionale che relega l’Italia dietro Moldavia e Senegal. Il testo è stato più volte rivisto con due approvazioni alla Camera e una al Senato. Poi dal 24 giugno 2015 giace in commissione Giustizia a Palazzo Madama. Ed è sparito dai radar.

PROBLEMI
Qual è il problema che impana l’iter? “La norma è invisa a una parte del centrodestra. Per questo cercano di rinviarla appena possono”, accusa la deputata del Movimento 5 Stelle, Mirella Liuzzi. Eppure il disegno di legge è stato proposto da Enrico Costa del Nuovo Centrodestra, da poco nominato ministro degli Affari regionali. Nel frattempo è cambiato anche il presidente della commissione Giustizia al Senato: al posto del forzista Francesco Nitto Palma, c’è Nico D’Ascola, di Area popolare, lo stesso gruppo di Costa. Nonostante alcune criticità, il testo potrebbe limitare casi clamorosi come quello che ha visto il giornale La voce delle voci finire all’asta per aver perso una causa dopo una querela. La norma introdurrebbe una sorta di compromesso che potrebbe rappresentare un salvacondotto. Perché la rettifica senza commento rende “non punibile” l’autore dell’articolo. Questo passaggio è contestato dal presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino: a suo giudizio si corre il rischio di trasformare le redazioni nella buca delle lettere dei rettificatori. Ma di fatto potrebbe alleggerire la condizione di molti cronisti e delle rispettive testate. Evitando calvari processuali. “Uno dei punti principali è la cancellazione del carcere per i giornalisti”, evidenzia poi il deputato del Partito democratico, Walter Verini, relatore della proposta di legge a Montecitorio.

LITI TEMERARIE
Viene toccata anche la questione delle liti temerarie: in caso di querele, prive di fondamento e con carattere intimidatorio, il soggetto querelante può pagare da mille a 10mila euro di sanzione. “La misura è insufficiente – accusa però Liuzzi – perché bisognava rendere più pesante l’ammenda. Se qualcuno querela, chiedendo danni per 100mila euro, deve pagare la metà della richiesta in caso di causa persa”. Ma la proposta è stata respinta durante l’iter. Tuttavia, Verini ricorda: “La questione delle liti temerarie è contenuta anche nella riforma del processo civile. E l’approvazione definitiva riguarderebbe anche la diffamazione a mezzo stampa”. Ma la questione è sui tempi: “Ricordo – chiosa Liuzzi – che il provvedimento meriterebbe ben altro trattamento. Il suo esame è iniziato con l’avvio della legislatura. Dopo più di tre anni, e numerose revisioni, siamo ancora qui a parlarne”.

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