L’imbarazzo nei nostri servizi. Dove sono le spie a Tripoli? Palazzo Chigi aveva annunciato l’invio dell’intelligence. Il dubbio è che le spie italiane facciano solo base a Tunisi

L’imbarazzo nei nostri servizi. Dove sono le spie a Tripoli? Palazzo Chigi aveva annunciato l’invio dell’intelligence

di Francesco Bonazzi

Mai velina della Presidenza del Consiglio fu più sfortunata. “Libia, missioni dirette dai Servizi”, titolava ieri il Corriere della Sera. “Libia la guida delle operazioni a Palazzo Chigi”, annunciava Il Sole 24 Ore, che riportava la presenza “da alcune settimane” di 40 agenti dell’Aise “suddivisi in tre team”, tra la zona di Tripoli e i pozzi petroliferi dell’Eni tra Mellita e il Fezzan. Neanche il tempo di gioire per l’importante ruolo che ieri mattina è arrivata la mazzata: proprio in quella Libia così ben presidiata dai nostri servizi, due ostaggi italiani sono stati uccisi.

MAZZATA – A Palazzo Chigi, oltre al comprensibile dolore per la vicenda umana (vedi articolo nella pagina a fianco), una mazzata del genere non se l’aspettavano proprio. Nessuno lo confermerà mai, ma erano in corso trattative per liberare i quattro ostaggi rapiti nel luglio scorso dopo un’incredibile imprudenza (erano andati a passare la serata in Tunisia) e naturalmente era anche pronto un riscatto di oltre una decina di milioni di dollari. Peccato invece che il governo, a cominciare da Renzi, non sapesse che da settimane erano saltati i contatti con i rapitori e il quartetto era stato anche separato.

ASSENTI – Ma a Forte Braschi, sede del servizio estero, ieri girava anche più di una voce che mostrava perplessità sulla nostra reale presenza in Libia, dove abbiamo chiuso l’ambasciata e l’unica vera “sicurezza” è quella garantita dall’Eni. Una fonte molto addentro alle operazioni estere spiega: “A parte gli annunci per il futuro, credo che la drammatica vicenda dei nostri concittadini rapiti confermi che in realtà non abbiamo nessuno in Libia. Al massimo abbiamo agenti che fanno avanti e indietro in giornata dalla Tunisia, ma è una cosa ben diversa”. Un’altra fonte allarga le braccia e osserva: “Ai tempi dell’ammiraglio Fulvio Martini (anni ‘80. ndr) avevamo una struttura per operazioni estere non convenzionali, che però fu smantellata. Con la riforma del 2007 potremmo anche ricostituirla, ma non l’abbiamo fatto ed è un’inadempienza incomprensibile perché la legge consente anche a un servizio segreto difensivo di lavorare all’estero in chiave offensiva, come fanno Cia e Mossad”. Ovviamente si tratta di punti di vista. L’Aise potrebbe benissimo avere una sua rete occulta a Tripoli e dintorni. Nessuno può escluderlo con certezza. Ma qui le fonti pongono un ulteriore interrogativo. Se siamo presenti in Libia, come è possibile che ci ammazzino due ostaggi e i servizi americani e inglesi non ne sappiano nulla e non ci informino? Forse, ancora una volta, Roma paga un certo isolamento per il fatto che, al pari della Francia, non disdegna di pagare riscatti.