L’impotenza delle Grandi potenze. Dopo averla bombardata per far cadere Gheddafi, dagli Usa all’Italia parte l’appello alla Libia per fermare l’Isis

L’impotenza delle Grandi potenze. Dopo averla bombardata per far cadere Gheddafi, dagli Usa all’Italia parte l’appello alla Libia per fermare l’Isis

di Elena DE Blasi

L’impotenza delle Grandi potenze. Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia e Spagna lanciano un appello ai libici perché si uniscano per combattere l’Isis. Una mossa di rara inconsistenza mentre la Libia è già in parte conquistata dale milizie del Califfato e nelle aree dove si combatte sono ormai decine gli atti di barbarie, dal bombardamento indiscriminate sui quartieri residenziali alle decapitazioni. I jihadisti entrati e cacciati da Sirte, la città di Gheddafi, stanno dispiegando tutto il loro campionario dell’orrore per riconquistare il terreno perduto. Colpito l’ospedale, si spara sui civili e le autorità parlando di un genocidio in corso.

A fronte di tutto questo non c’è traccia delle Nazioni Unite e le grandi potenze si limitano ad appelli di nessuna efficacia. Dopo la caduta del regime, la Libia è finite sotto il controllo delle numerose tribù. Il Paese si è diviso in due, con due capitali, una a Tobruk e l’altra a Tripoli, quest’ultima però mai riconosciuta dalla comunità internazionale. Abbiamo così il caso unico delle maggiori potenze del pianeta che si rivolgono non si sa a chi.

Il documento arriva dopo che Tobruk in fortissima difficoltà nel resistere all’Isis, ha chiesto alla Lega araba di bombardare le milizie del Califfo. La situazione è talmente difficile che lo stesso premier libico nei giorni scorsi si sarebbe dimesso, anche se la notizia è stata smentita da un’agenzia di stampa cinese.

Con la difesa della zona costiera di Sirte ormai affida ai civili, armati alla meno peggio, la diplomazia resta al palo. L’ultimo tentativo dell’Onu, alla conferenza di Ginevra, si è rivelato l’ennesimo buco nell’acqua e di opzione militare nessuno vuol sentirne parlare. Nonostante gli ostaggi crocifissi dall’isis o gli oltre 2.300 morti dall’inizio dell’anno tra i migranti in fuga sul Mediterraneo. In gran parte profughi in fuga proprio dalla Libia, ormai la base di partenza di partenza più attiva verso l’Europa. Tanto che lo stesso ministro Alfano dopo l’ultima tragedia su un barcone il giorno prima di ferragosto ha ammesso che senza risolvere il problema della Libia saranno inevitabili altre tragedie del mare.