L’India torna a chiedere la testa dei Marò

di Angelo Perfetti

Gli auguri, i sorrisi a distanza, il collegamento con l’ambasciata italiana in India che ospita i nostri fucilieri, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ormai fuori dalle carceri indiane, le dichiarazioni governative di impegno e il “ragionevole ottimismo” che lo stesso Girone ha descritto – nel giorno della festa della Marina – durante il breve colloquio con i familiari non devono trarre in inganno. L’ala integralista indiana, quella per intenderci che vuole morti i nostri marò, è tutt’altro che sconfitta. E se è vero che la Corte Suprema appena venerdì scorso ha ribadito che il caso dei due militari italiani sarà di competenza della National Investigation Agency (NIA), il che significa non utilizzare la legge internazionale per la repressione del terrorismo in mare (Continental Shelf Act, SUA) che prevede la pena di morte, è altrettanto vero che il “senior counsel” Mukul Rohtagi sta continuando a premere per costringere la Nia a cambiare strategia. Non è dunque questo il momento di abbassare la guardia dando tutto per scontato, ma anzi è necessario oggi più di prima far sentire tutto il peso del nostro governo. La riprova di questo clima viene da un articolo pubblicato da India News e datato 8 giugno dove ancora una volta si ribadivano le posizioni di Rohtagi.

E’ del tutto evidente che c’è una parte dell’opinione pubblica indiana che propende per un castello accusatorio precostituito, e che cerca il capro espiatorio con relativa condanna a morte. All’epoca dei fatti – e cioè ormai il lontano febbraio 2012 – avremmo potuto fare come fecero gli americani proprio in Italia per la tragedia del Cermis – peraltro in condizioni ben più critiche sotto il profilo del diritto internazionale – che spedirono i propri militari in patria negandoci il diritto di giudicarli. Ma visto che abbiamo deciso di fare rotta verso l’India e consegnare i nostri soldati nelle mani del governo indiano (errore che paghiamo ancora oggi); potevamo tenerceli a marzo, ma il governo Letta, andando contro le decisioni del ministro Terzi (che per questo si dimise) decise di rispedirli in India. Ora non resta altro da fare che entrare nel merito del processo. “Si è molto parlato quale sia stata la successione degli eventi avvenuti nell’Oceano indiano di fronte alle coste dello Stato indiano del Kerala, quel 15 febbraio 2012 quando due nostri Fucilieri di Marina imbarcati sulla nave italiana Enrica Lexie hanno sventato un tentativo di attacco di pirati, mentre la petroliera italiana navigava in acque internazionali – afferma sul suo blog il generale di brigata Fernando Termentini – . Vicende ancora non chiarite che sicuramente le frammentarie versioni ufficiali italiane ed indiane non aiutano a comprendere.

Un documento ufficiale del’International Maritime Bureau (Imb) della Camera di commercio internazionale (Icc) ha comunque confermato, in una comunicazione alla Marina militare italiana, che il 15 febbraio – lo stesso giorno del presunto tentativo di abbordaggio alla petroliera italiana Enrica Lexie – è stato attaccato dai pirati un cargo, l’Olympic Flair, battente bandiera greca, che si trovava a circa due miglia e mezzo dal porto di Kochi. Secondo l’organismo internazionale, l’attacco da parte di pirati sarebbe avvenuto alle ore 16.50 locali. Nel report, in particolare, si fa riferimento a circa 20 persone che, a bordo di due imbarcazioni, avrebbero tentato l’abbordaggio di un tanker, rinunciando dopo che il personale della sicurezza della petroliera aveva fatto scattare le procedure d’allarme. Non è la prima volta che si parla di una nave greca ma ora l’organismo internazionale di controllo ha ribadito: alle 16.50 locali un attacco dei pirati a due miglia dal porto di Kochi mentre dalla registrazione satellitare della posizione della Enrica Lexie si evince che la petroliera si trovava a 33 miglia dalla costa e quindi in acque internazionali, circostanza decisiva poiché comporta il passaggio della competenza dalla giurisdizione indiana a quella italiana”. Allora, prima ancora di stabilire la giurisdizione non sarebbe meglio cominciare a capire chi ha ucciso i due pescatori indiani?