Lo Stato paga 12 miliardi l’anno di affitti

di Maurizio Grosso

Un salasso che solo a livello di Stato centrale costa 1,2 miliardi di euro l’anno. Cifra consistente, ma quasi ridicola se paragonata ai 12 miliardi di euro di soldi pubblici che ogni anno vengono spesi se ci si sposta in regioni, comuni e province. Benvenuti nell’incredibile mondo delle locazioni passive, ovvero dei salatissimi affitti che le pubbliche amministrazioni devono pagare a terzi privati per dotare i propri dipendenti di una sistemazione. Da qualsiasi parte la si guardi si tratta di uno spreco di risorse che dovrebbe come minimo lasciare attoniti. Innanzitutto perché, secondo la più recenti stime effettuate dal dipartimento del Tesoro, il patrimonio immobiliare di proprietà dello Stato centrale ammonta a 62 miliardi di euro. Che diventano 368 miliardi se si vanno anche a considerare gli asset in mano a regioni, province, comuni. Da qui la domanda: con questo bendidio di immobili pubblici, tra centro e periferia, possibile che si debbano spendere 12 miliardi di euro l’anno per locazioni passive? Senza contare un altro dato molto eloquente. Ancora oggi nella maggior parte delle amministrazioni abbiamo una superficie media per dipendente pubblico superiore ai 30 metri quadri, che spesso si avvicina addirittura ai 50 mq. Insomma, una soglia nettamente superiore rispetto alla forchetta di 20-25 metri quadri per addetto previsti nientemeno che dalla legge finanziaria per il 2010. E ancora più lontana dalla forchetta 12-20 metri quadri che dovrebbe costituire la media in caso di immobili di nuova costruzione, almeno a stare a quanto richiesto da una circolare del 2012 dell’Agenzia del Demanio (vedi La Notizia del 7 gennaio 2014). Il problema, come ha ammesso in parlamento nel giugno 2013 lo stesso Demanio, è che per il calcolo del rapporto metri quadri/addetto il 50% delle amministrazioni non ha fornito dati. Insomma, un disastro. Una tabella predisposta dal Demanio, e allegata al testo di un’audizione svolta alla Camera da Scalera il 22 maggio del 2012, fa sapere che in quell’anno risultavano in essere 11.002 porzioni immobiliari occupate dalla pubblica amministrazione centrale e sottoposti a locazione passiva. La superficie complessiva era di 11 milioni e 300 mila metri quadrati, per un costo globale di affitto che lo stessa direttore del Demanio, alla data dell’audizione, aveva stimato in 1 miliardo e 215 milioni di euro. A dir la verità era stato anche il governo guidato da Mario Monti a tentare di mettere ordine in questo ginepraio. L’allora commissario alla spending review, Enrico Bondi, predispose una serie di calcoli secondo i quali il costo delle locazioni passive di tutte le pubbliche amministrazioni, comprese quelle periferiche, ammonta alla bellezza di 12 miliardi di euro. Anche qui rispetto a un patrimonio immobiliare pubblico il cui valore è complessivamente stimato in 368 miliardi. Davvero troppo complicato credere che, con un’adeguata razionalizzazione, non si riuscirebbero a spuntare risparmi più che consistenti.

 

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