Lobby e abiti sacri

Di Francesco Domincis per Libero Quotidiano

I giochi sono fatti: il tedesco Ernst Von Freyberg viene messo alla porta e il suo posto alla presidenza della banca del Papa, come rivelato ieri dal sito Dagospia, sarà preso dal francese Jean Baptiste De Franssu. L’ennesimo terremoto in Vaticano. L’annuncio dovrebbe arrivare mercoledì quando il prefetto della Segreteria per l’economia, il cardinale australiano George Pell, annuncerà ufficialmente il cambio della guardia alla guida dell’Istituto per le opere di religione.

Ma Oltretevere la decisione è già stata ratificata e sono state pure completati alcuni adempimenti burocratici. E quando sarà formalmente fuori dal Torrione di Niccolò V, Von Freyberg, stando a quanto ha giurato ai suoi più fidati collaboratori, intende vuotare il sacco, aprendo di fatto una clamorosa resa dei conti nello Ior.

A quel punto, potrebbe essere delineata meglio la geografia del potere che ruota attorno alla Santa sede; emergeranno alleanze e potrebbero venire alla luce gli intrighi internazionali, a cominciare da quelli che portarono all’anomala «chiamata » del banchiere tedesco, nel febbraio 2013, a pochissimi giorni dalla fine del papato di Benedetto XVI.

Ancora una volta, dunque, le nomine al vertice delle finanze vaticane non sono questione di ordinaria amministrazione. La cacciata di Von Freyberg, in anticipo rispetto alla scadenza naturale del suo mandato, sarebbe dettata, si dice, dalle esigenze poste con fermezza in questi giorni,durante le riunioni del C9, da Pell, desideroso di assecondare la cosiddetta «lobby maltese», cioè i Cavalieri di Malta, ritenuti una sorta di diplomazia parallela del Vaticano e con casse ricchissime grazie al business delle assicurazioni.

Meno chiaro, in questa fase, il ruolo degli americani e dei Cavalieri di Colombo che pure giocano da protagonisti ormai da anni: hanno imposto, tra altro, il nome del direttore Aif (Autorità antiriciclaggio vaticana), cioè lo svizzero filo Usa, René Brülhart, rimasto in sella nonostante le polemiche sui presunti conflitti di interesse per le consulenze con la Segreteria di Stato e con un paio di major finanziarie.

E pure sul discusso sceriffo Ior potrebbe arrivare qualche lume. Sulle lotte intestine all’istituto vaticano potrebbe aver pesato anche il bilancio 2013, chiuso con un crollo dell’utile del 96% da 86milioni a 2,8milioni e con l’assegno per il pontefice, Jorge Bergoglio, azzerato.

Nei Sacri palazzi sono in tanti a credere che la tormentata uscita di scena di Von Freyberg, accusato di aver esagerato con le pulizie sui conti, potrebbe aiutare a far chiarezza anche sulla vicenda del suo predecessore, Ettore Gotti Tedeschi. Rimosso a maggio del 2012 nell’ambito di un’operazione mai chiarita fino in fondo, guidata dall’ex segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, ma soprattutto dal blocco degli Stati Uniti,che fa tutt’ora perno su tre potentissimi personaggi: Carl Anderson (uno dei consiglieri Ior), monsignor Peter BrianWells (numero tre della Segreteria di Stato) e l’avvocato Jeffrey Lena (consulente della Curia).

Oltretevere è noto che Anderson, Wells e Lena non hanno mai digerito Gotti Tedeschi: dava fastidio, forse proprio perché ha cercato di riformare lo Ior in modo da spazzare via i rischi di riciclaggio di denaro sporco, a livello internazionale e non solo. Contrapponendosi, così, a quanti volevano preservare lo «status quo».Ma l’ex «banchiere di Dio» dava fastidio anche agli alti prelati italiani, specie per quei «no» secchi sugli affari Carige e LuxVide.