L’ultima umiliazione degli statali

Di Monica Tagliapietra

Li attendevano da cinque anni. E stavolta ci speravano davvero, perchè in tanto tempo il potere d’acquisto era sceso enormemente. Gli aumenti in busta paga per gli statali erano la prova che stavolta c’è un governo con una strategia: mettere in circolo più risorse possibili per far ripartire i consumi. e a cascata la produzione industriale e la ripresa. Invece ieri il brusco risveglio. Anche per il 2015 gli stipendi resteranno bloccati. Mancano le risorse e a questo punto c’è da credere che manchi anche una strategia di politica economica. L’annuncio è arrivato direttamente dal ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia. “In questo momento di crisi le risorse per sbloccare i contratti a tutti non ci sono” ha detto il ministro spiegando che “prima di tutto” il governo guarda “a chi ha più bisogno”, e comunque si confermano gli 80 euro, che vanno anche ai lavoratori pubblici. Come se questi 80 euro da soli fossero la panacea per tutti i problemi del Paese. Una follia.

Sindacati all’attacco
Per il governo, passare così dalla ragione al torto nel braccio di ferro con i sindacati è stato un attimo. Il più lesto a infilzare il premier è stato il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni. “Eliminassero gli sprechi – ha detto – negli enti locali, nelle Regioni, nei Comuni e nelle aziende mucipalizzate. Ma non tolgano soldi ai dipendenti statali. Stiamo ancora aspettando iniziative di spending review”. La Cgil addirittura aveva giocato d’anticipo e solo poche settimane fa aveva già definito l’ipotesi di estendere il blocco degli stipendi agli statali “inaccettabile”. Tesi rafforzata ieri con i numeri – che mai come in questo caso sono argomenti testardi: se esteso fino al 2015 i dipendenti pubblici perderanno in media, a causa del blocco dei contratti, 4.800 euro, 600 dei quali nel prossimo anno. In ogni caso, fino al 2014 i mancati aumenti valgono i 4.200 euro.

Strategia inesistente
Adesso nessuno può nascondere l’evidente problema delle finanze pubbliche, la mancanza di risorse e una situazione già così grave da imporre a breve una nuova manovra finanziaria. Davanti un bivio, però, il governo ha deciso di contraddire se stesso e puntare su un risparmio che può essere quantificato tra i 4 e i 5 miliardi di euro l’anno. “I contratti – ha ribadito il ministro Madia – sono bloccati da quando è iniziata la crisi. Tutti insieme, governo e parti sociali, adesso dobbiamo portare il paese fuori dalla crisi”. Per Poliziotti, vigili del fuoco, uomini della Guardia di finanza che devono andare avanti con appena mille e cinquecento euro al mese (quando persino non di meno) i sacrifici però sono diventati ormai insostenibili. E un governo che fa finta di non accorgersene, limitandosi a guardare dall’altra parte, fa in casa nostra esattamente quello che all’estero poi chiede di non fare all’Europa: limitarsi a guardare i conti e non pensare affatto a cosa implica una estenuante austerity sulla vita reale delle persone.

Tutto per evitare la manovra
Al Tesoro comunque non hanno sentito ragioni. Padoan ha già non pochi problemi per recuperare i 16-17 miliardi di tagli alla spesa per il prossimo anno. E, nonostante le rassicurazioni del premier era evidente che in qualche modo sarebbero stati colpiti gli statali. Un brutto segno per l’altra categoria nel mirino: i pensionati. L’esecutivo ha quindi deciso di estendere il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici per altri due anni. Si recuperaranno così fino ad altri 5 miliardi che si andranno ad aggiungere agli oltre 11 miliardi di risparmi alle casse pubbliche realizzati da quando è entrato in vigore il congelamento degli stipendi. Risorse in più per lo Stato, ma in meno nelle tasche di 3,3 milioni di dipendenti della Pubblica amministrazione che hanno visto – in media – ridursi il valore del salario reale di quasi 15 punti percentuali. La mossa successiva del governo Letta, che ha anche esteso il blocco del turn-over fino alla fine del 2018, ha garantito altri 5 miliardi di risparmi. Statali, insomma, usati come un bankomat. E il governo Renzi, quello del cambiamento, anche su questo ha tenuto fede alla peggiore delle tradizioni possibili.