L’ultimo giallo di Rosa e Olindo. Spariscono gli investigatori. Gli 007 della difesa rimettono il mandato e accusano i legali di ostacolarli nel lavoro

di Nicoletta Appignani

Olindo e Rosa, l’ultimo colpo di scena è una battaglia tutta interna alla difesa. Stavolta sono gli investigatori privati, assunti per far riaprire il caso, a puntare il dito contro il collegio difensivo, rinunciando al mandato con una lettera durissima in cui si parla di oggettiva impossibilità a portare avanti le indagini.

La rinuncia
“Siamo costretti nostro malgrado – si legge nella lettera – a dover rinunciare all’incarico. La ragione di tale rinuncia si fonda sull’impossibilità, incombente sulle nostre traiettorie professionali, che impedisce l’espletamento delle attività da noi ritenute necessarie. Non ci è consentito di “individuare elementi utili poiché sono elise, di volta, tutte le attività preliminari a tale individuazione. Si tratta di un’elisione imposta. Etero imposta, proprio dal conferente l’incarico”.
A scrivere queste parole sono Bernardo Ferro e Antonio Angelo Curcu, titolari rispettivamente dell’agenzia investigativa La Segretissima di Roma e della Global Security Service di Oristano. Sono loro gli 007 che negli ultimi mesi, in collaborazione con il criminologo Gianfranco Marullo, hanno cercato nuovi elementi per chiedere la revisione del processo per la strage di Erba, nella quale persero la vita quattro persone. Una pagina di cronaca, quella dell’11 dicembre 2006, che secondo il team di esperti presenta molti punti oscuri: impronte mai analizzate, nessuna traccia di sangue sui vestiti dei Romano e una serie di confessioni colme di inesattezze. Per questo, da alcuni mesi, il lavoro per la revisione corre su un doppio binario: da un lato le nuove indagini, dall’altro la speranza che una sentenza della Corte di giustizia Europea possa intervenire sul vecchio procedimento.

La replica degli avvocati
Ma adesso gli investigatori hanno deciso di cessare la collaborazione con il collegio difensivo. “Mi stupisce molto sentire che ostacoliamo qualcuno – spiega l’avvocato Fabio Schembri, che insieme ai legali Luisa Bordeaux e Filippo D’Ascola assiste i coniugi accusati per la strage di Erba – Il mandato preliminare era stato conferito lo scorso aprile e ad oggi non abbiamo ottenuto ancora nulla di concreto. Inoltre i difensori non impediscono nessuna indagine, piuttosto indicano ciò che ritengono utile per la difesa dei propri assistiti”. Dello stesso parere non sono però gli investigatori. “Non si sono neanche degnati di rispondere alle nostre email, con le quali veniva richiesta l’integrazione documentale del fascicolo processuale – spiega Bernardo Ferro – la rinuncia al mandato nasce da questo. Non solo. Sono anche riuscito a raccogliere alcune informazioni utili, di cui però non hanno voluto sapere nulla. Senza contare che la dottoressa Flora Caruso, esperta nel settore, si era offerta di collaborare gratuitamente per la fonica forense, analizzando delle intercettazioni indicate dagli stessi avvocati. Anche lei però non ha più ricevuto risposta alle email”.

Nessuno stop
La collaborazione finisce ma le indagini proseguono. Da un lato il team di esperti precisa che “quanto accaduto non preclude il prosieguo delle loro attività di indagine”, dall’altro l’avvocato Fabio Schembri spiega che ci sono altri investigatori al lavoro per il collegio difensivo. Lo stesso Azouz Marzouk, marito e padre di due vittime della strage, si è rivolto all’avvocato Luca D’Auria e a una sua squadra di consulenti per depositare un ricorso a Strasburgo. Molte indagini e nuove piste. La frattura in seno al collegio difensivo però è certamente uno stop inaspettato. Uno stop che cade oltretutto all’indomani delle lettere in cui Olindo esprimeva fiducia per la riapertura del caso. Fiducia che ora rischia di andare delusa.