Manovra, Bruxelles gioca al rialzo. Vuole un taglio all’1,9%. Ma Roma medita sul 2,2%. Oggi la proposta di Conte a Juncker. Il premier: basta al rigorismo miope

Questa sera l'atteso incontro sulla manovra tra Conte e Juncker

“Non andrò a Bruxelles con un libro dei sogni”, assicura il premier, Giuseppe Conte, nell’informativa dinanzi all’Aula di Montecitorio, alla vigilia dell’incontro, stasera a Bruxelles, con il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker. “Mi confronterò sui numeri”, ribadisce il presidente del Consiglio. Quei numeri sui quali l’Italia sta conducendo la delicata trattativa per evitare la procedura d’infrazione, con la prossima tappa già fissata in calendario al Consiglio europeo di domani e dopodomani.

Conte scommette sul dialogo. Ma le maglie sono strette, proprio come i numeri. Le posizioni al riguardo, del resto, non sono univoche. La Lega non escluderebbe di scendere sotto il 2,2% del rapporto deficit-Pil. Ma nel Carroccio non manca chi, come il presidente della commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi, sconsiglia di varcare, al ribasso, quella soglia. Ma il vero problema, con la scadenza della trattativa già fissata al 19 dicembre (Juncker aspetta già stasera correzioni sostanziali da parte del Governo), è la pretesa di Bruxelles di tagliare il rapporto deficit-Pil all’1,9%: troppo, nonostante il totem del 2,4% sia ormai caduto da un pezzo.

Decisamente troppo anche se le due misure bandiera del contratto gialloverde, reddito di cittadinanza e quota 100, costeranno meno del previsto: l’Esecutivo prevede un risparmio complessivo di poco inferiore ai 4 miliardi, insufficiente ad avvicinare l’eccesso di ribasso chiesto dalla Commissione Ue. Nonostante il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, consideri “preferibile andare a una riduzione del deficit“. Ed è certo che, sul tavolo della trattativa, Conte farà pesare anche il fattore Macron. L’annuncio di misure sociali per dieci miliardi da parte dell’inquilino dell’Eliseo, per sedare la rivolta dei gilet gialli, comporterà d’altra parte uno sforamento pesante anche nei conti della Francia. Perché Parigi sì e Roma no?

Un ulteriore argomento di pressione per scongiurare la procedura d’infrazione, sollevato da Di Maio, che ieri ha incontrato le grandi associazioni nazionali degli imprenditori. A queste ha promesso più semplificazione, politiche attive per il lavoro, misure per il rilancio dell’export e del Made in Italy, anche attraverso Cassa Depositi e Prestiti e Invitalia, e un maggiore sostegno agli investimenti delle Pmi per facilitare l’accesso al credito. Aperture accolte con interesse dalle organizzazioni delle imprese, favorevolmente compiaciute – come ha fatto notare la Cna – da questa inedita gara tra Di Maio e Salvini ad ascoltare le associazioni. Il presidente di Fonarcom e della confederazione Cifa, Andrea Cafà, ha espresso soddisfazione per l’impegno a modificare il Codice degli appalti e scrivere un Codice unico del lavoro “di cui le imprese hanno grande necessità”.

L’Esecutivo dal canto suo non sta procedendo “a cuor leggero” allo scostamento del deficit, come ha ribadito Conte alla Camera. Lo sta facendo, al contrario, per “realizzare gli obiettivi che gli italiani chiedono con prepotente urgenza”. Ed ha avvertito: “Logorare l’azione riformatrice del Governo sarebbe una strategia miope – ha aggiunto il premier -. Insomma, nella partita con l’Ue, c’è in gioco molto di più dei saldi finali di una Manovra. “C’è il senso della nostra missione”, ha assicurato il Presidente del Consiglio.