Mare Nostrum, la Germania se ne lava le mani

di Carmine Gazzanni

Sarebbe il caso, forse, che il presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, facesse una breve telefonata alla sua connazionale, la cancelliera Angela Merkel. Semplicemente per dirle – semmai non se ne fosse accorta – che non si può parlare di Europa solo per il tetto del 3% o per far quadrare i conti. “Europa” vuol dire anche altro. Vuol dire popoli, culture, persone. Uomini e donne per i quali non si può ragionare soltanto in termini statistici e numerici. E allora, davanti ad emergenze che investono questo o quel Paese dell’Unione, sarebbe il caso che anche la Germania impari a dimostrare la stessa prontezza e disponibilità che pretende quando si tratta di far quadrare i (suoi) conti.

ORECCHIE DA MERCANTE
Stando a quanto detto ieri dal direttore esecutivo dell’agenzia Frontex Gil Arias, infatti, la Germania non ha messo per ora a disposizione nulla – nè soldi nè mezzi – per l’operazione di pattugliamento del Mediterraneo, Triton. Ciò vuol dire solo una cosa: la Germani è sorda ai richiami di solidarietà che pure dovrebbero animare il progetto Europa. L’accusa di Arias non è, peraltro, di poco conto: se 8 Stati membri hanno messo a disposizione mezzi tecnici per l’operazione Triton, altri come la Germania (ma anche l’Ighilterra) continuano a fare orecchie da mercante. Finora, infatti, disponibilità è arrivata solo da Finlandia, Spagna, Portogallo, Islanda, Olanda, Lettonia, Malta e Francia. Il materiale, però, non basta. Ecco perchè il direttore esecutivo di Frontex ha avanzato una nuova richiesta, sperando in “una maggiore partecipazione”.

L’ALLARME DI FRONTEX
L’operazione Triton sarà guidata direttamente da Frontex (e dunque da Bruxelles) e affiancherà – senza sostituire – l’italiana Mare Nostrum. Secondo Arias, però, quanto disposto dalla sola Unione europea potrebbe non essere sufficiente. Ecco perchè è necessario che tutti i Paesi facciano la loro parte. “La nuova operazione Triton – aveva detto già il 4 settembre – dipenderà sostanzialmente da due condizioni: la disponibilità dei fondi che saranno trasferiti dalla Commissione Ue e la disponibilità degli Stati membri a partecipare”.

RISCHIO SOLDI BUTTATI
Se infatti tutti i Paesi non dovessero partecipare, il rischio è che il programma potrebbe clamorosamente naufragare. E sarebbe un disastro anche in termini economici. Secondo l’ultimo rapporto Frontex, Triton costerà alle casse di Bruxelles (e dunque anche alle nostre) ben 2 milioni 830 mila euro al mese. Il calcolo è immediato: in un anno la spesa arriverebbe a 34 milioni di euro. Un fondo inevitabile, vista la drammaticità dell’emergenza immigrazione. Eppure, ad oggi, il rischio è che se qualcuno degli Stati membri dovesse tirarsi indietro, non si arriverebbe ad alcuna soluzione concreta del problema. Con la conseguenza che avremmo buttato una montagna di soldi. Anche perchè non bisogna dimenticare un altro particolare. L’altro progetto comunitario che ha affiiancato per questi mesi Mare Nostrum, Hermes, è stato prorogato fino al 30 novembre (per una spesa di 1,5 milioni al mese). Dopodichè rimarrà solo Triton. E la speranza che la Merkel dimostri un pò di buon senso.

di Antonio Acerbis

A volte basta anche solo un numero per capire l’entità di un’emergenza colossale. E, questa volta, il numero è 98.875. A tanto infatti ammontano, secondo l’ultimo rapporto dell’agenzia europea Frontex (28 agosto), i migranti sbarcati in Italia dal primo gennaio al 15 agosto 2014. Un numero impressionante, non c’è che dire. Soprattutto se raffrontato ai dati dell’anno precedente. Basti questo: rispetto allo stesso periodo del 2013 abbiamo assistito ad un incremento di sbarcati clamoroso. Addirittura del 555%.

UN DISASTRO
Eppure il dato non dovrebbe sconvolgere. O, meglio, avrebbe già dovuto sconvolgere. Nonostante il silenzio delle istituzioni (soprattutto europee), il prefetto Giovanni Pinto, direttore centrale dell’immigrazione deldell’Interno, già a maggio aveva messo in guardia sulla drammaticità dell’emergenza immigrazione riportando, nel corso di un’audizione al Senato, i dati degli sbarchi in riferimento ai primi mesi 2014. Facendo un confronto tra gennaio 2014 e gennaio 2013, ad esempio, c’è stato un aumento di sbarchi pari al 900%, essendo i clandestini passati da 217 a 2171. Ancora peggio è andata a febbraio con un incremento del 1300%: da 232 a oltre 3337 nel 2014. Ma l’esplosione massiccia e più preoccupante – aveva detto Pinto – c’è stata ad aprile: siamo passati da 1838 del 2013 a ben 13998. Un + 6000%. Numeri, però, che sono rimasti lettera morta.

OMBRE SULL’INTERNO
Davanti ad una situazione talmente critica è più che doveroso che le istituzioni facciano la propria parte. Peccato però che sia in Europa (vedi articolo affianco) che in Italia si pensi ad altro. E così capita che se per quest’anno sono stati stanziati dal ministero diretto da Angelino Alfano 190 milioni per gestire il flusso migratorio, di questi ben 95 sono stati spesi per “oneri per il personale”. Insomma, la casta è sempre la casta. Anche quando si parla di emergenza. Ma non è tutto. A disposizione del Viminale, infatti, ci sono anche 480 milioni di euro di fondi europei rientranti nel cosiddetto programma Solid (appunto per la gestione dei flussi migratori). Sono fondi, questi, che l’Italia ha utilizzato (il progetto nasce nel 2007) e utilizza per indire progetti relativi all’accoglienza, al soccorso, ai rimpatri di coloro che sbarcano. Peccato, però, come siano stati spesi ad oggi i 480 milioni di euro si sa poco o nulla. L’aveva detto in un’interrogazione del 9 dicembre 2013 Riccardo Nuti (M5S) contestando il fatto che “il Governo, oltre a non aver indicato i principali soggetti beneficiari di tali progetti con i relativi finanziamenti ottenuti, ha fornito dati sui fondi ricevuti che appaiono difformi da quelli resi pubblici dall’Unione europea”. È passato un anno. Il ministero diretto da Alfano non ha mai risposto.