Mattioli torna bimbo al Colosseo. Un racconto inedito all’ombra dell’Anfiteatro. Cercando le radici della stessa comicità romana

Spontaneo, sempre ironico e più romano che mai, soprattutto nello spirito. Non ridere con Maurizio Mattioli è un’impresa ardua

Spontaneo, sempre ironico e più romano che mai, soprattutto nello spirito. Non ridere con Maurizio Mattioli è un’impresa ardua, perché con lui qualsiasi conversazione inizia con una battuta; una risata che sembra modellare l’atmosfera rilassata di un incontro tra due vecchi amici fino a pochi istanti prima sconosciuti.

Come si costruisce una carriera come la tua? E come vedi l’attuale scenario artistico?
“È un lungo percorso. Oggi ci sono tanti cabarettisti, molti dei quali usciti da scuole di recitazione, che sono una miriade anche a Roma. Spesso sono più gli artisti che le opportunità di lavoro effettive. Per fare questo lavoro non basta essere belli o “bone”, bisogna avere passione e voglia di fare. Credo che la radice di tutto sia nel teatro, ma mi sembra superflua la distinzione tra cabarettisti o attori: la struttura interna dell’artista è quella. E secondo me o arrivi o no. È semplice, se uno è bravo è bravo! Per chi adora fare il mestiere – non l’hobby, attenzione – dell’attore, il consiglio è uno: non esiste chi sa fare tutto, ma se sai fare tante cose… Meglio!”

Il 2 agosto sbarchi all’Ombra del Colosseo. Cosa dobbiamo aspettarci?
“A Roma ho fatto tutto quello che c’era da fa’ tranne questo. E allora dovevo rimediare. Anche perché quest’anno la rassegna è organizzata da un amico fraterno Massimiliano Franco, produttore con cui ho fatto Rugantino, Febbre da Cavallo… Quindi non potevo proprio mancare. Il pubblico si troverà davanti uno spettacolo che parla di un “piccolo” Mattioli, dalle prime barzellette al bar ai provini in tv e teatro, fino alle prime esibizioni. Parlerò del mio passato e del presente attraverso monologhi, musica, poesia, tanta improvvisazione e diversi ricordi importanti. Più spettacolo c’è, meglio è”.

A proposito di ricordi, Carlo Vanzina è appena scomparso…
“Si, ricorderò un amico, ma soprattutto un uomo che ha saputo raccontare gli anni ’60 come credo nessun altro. Carlo riusciva ad entrare nelle persone e a raccontarle. Nessuno ha scritto la nostra commedia come lui: ha avuto la forza e il coraggio di raccontare la romanità e personaggi anche negativi, come anche Alberto Sordi”.

Una romanità che tu non hai mai perso. Com’è il romano, di ieri e di oggi, secondo Mattioli?
“Il romano è quello che ti dice “perché non me l’hai detto… A saperlo prima!”, come se avesse potuto aiutarti in un problema, oppure “vai tranquillo, ce penso io” e poi magari non fa niente. Ma, a parte le battute, il romano ama anche il teatro e le manifestazioni culturali… È tante cose, tutte da raccontare”.