Mentre i renziani sognano ancora il Cav al Nazareno tira aria di scissione. Parla il politologo Pasquino: “I dem coinvolgano gli iscritti come ha fatto la Spd”

Al Nazareno c'è aria di scissione. Parla il politologo Pasquino: coinvolgere gli iscritti come ha fatto la Spd

La strada è stretta, strettissima. E per il Pd, complice “la protervia” e “l’irresponsabilità” di Matteo Renzi, rischia di rivelarsi senza via d’uscita. Così, in maniera per adesso ufficiosa, nei giorni in cui il segretario reggente Maurizio Martina apre al dialogo col M5s, qualcuno al Nazareno ha iniziato ad agitare lo spettro di una nuova scissione. Uno scenario certamente “possibile” per Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna. Che, commentando con La Notizia le trattative in corso tra pentastellati e dem per la possibile formazione di un Governo, aggiunge: “Sul territorio il partito è ridotto a macerie, di fatto lì una separazione c’è già stata. Ma bisogna capire, se sarà, che tipo di scissione avverrà”.

In che senso, professore?
“Come noto, in direzione Renzi ha i numeri per far saltare la trattativa coi 5S. Le distanze tra i dialoganti e i renziani troppo servili, che in Rete hanno lanciato l’hashtag #senzadime con l’incoraggiamento dell’ex segretario, sono siderali. Per non parlare della ‘buffonata’, non saprei come altro definirla, di un leader dimissionario che va a chiedere alla gente per strada che cosa deve fare…”.

Continui.
“Prima bisogna discutere di programmi, cosa che mi pare sia avvenuta per sommi capi, poi eventualmente si darà vita a un Esecutivo. Sul quale è decisivo il ruolo del Quirinale. Invece dentro al Pd si sta discutendo solo di quali sono i desiderata di Renzi, uno che non mi sembra campione di mediazione né portatore di una grande visione del futuro”.

Quindi è ipotizzabile una scissione. Ma basterà?
“Quella sul territorio c’è stata già stata, quella a livello parlamentare rischia di risultare tutto sommato inutile”.

Cioè: se gli aperturisti decidessero di strappare, comunque non avrebbero i numeri per dar vita a un Governo col M5s.
“Esattamente. A meno che…”.

A meno che?
“Beh, c’è pure chi sostiene che i renziani inseguano ancora il sogno di dar vita a un Esecutivo col Centrodestra, cioè con Berlusconi. Magari con Romani o Tajani premier. Non è da escludere il fatto che Renzi possa abbandonare per strada i vari Franceschini, Orlando e Boccia per tentare il tutto per tutto. Credo che Mattarella sia preoccupato dal modus operandi dell’ex premier. In questo scenario, sarebbe auspicabile che anche Gentiloni dicesse qualcosa, sia in un senso sia nell’altro”.

Forse il fatto che sia ancora in carica per gli affari correnti…
“Gentiloni è comunque un ago della bilancia, il suo eventuale spostamento a favore di coloro che vogliono un dialogo coi Cinque Stelle sarebbe importante”.

Ma l’apertura al Movimento sarebbe aria fresca per il Pd o la sua pietra tombale?
“I renziani ritengono che l’abbraccio col M5s sia esiziale, io al contrario penso che se il partito proporrà delle buone riforme riuscendo a realizzarle questo non possa far altro che portarlo a una risalita, permettendogli di svuotare una parte degli insoddisfatti ‘asciugando’ il bacino dei pentastellati. Ma i dirigenti del Pd non collaborano, sono distanti”.

Sarebbe utile coinvolgere gli iscritti?
“La scelta di aprire o meno un confronto programmatico col M5s spetta agli organismi previsti dallo statuto dal partito, a cominciare dalla direzione della settimana prossima. Dopodiché, se si dovesse mettere nero su bianco un vero e proprio programma di Governo, gli iscritti andrebbero certamente sentiti come ha fatto la Spd in Germania. Sarebbe un modo per iniziare a ricostruire un dialogo con loro, trattati come una specie di carne da cannone. Ma la leadership deve guidare questa fase, andando a spiegare il perché nei luoghi di discussione”.

È stata questa la causa principale della débâcle del Pd?
“Sì, ma non solo. L’atrofia del partito, usato per sostenere Renzi quando era al Governo, coi circoli privi di discussione politica, ha fatto il paio col Rosatellum, per il quale l’appartenenza territoriale non contava nulla, il conoscere e farsi conoscere era irrilevante.